Ritrovarsi al tempo dell'antica Roma: è una linea narrativa 'classica' della commedia italiana, dalla satira alla farsa pura, dal racconto più strutturato alla parodia. Un banco di prova affrontato, fra gli altri, da Alberto Sordi (Mio figlio Nerone, Due notti con Cleopatra) il principe de Curtis (Totò e Cleopatra), Walter Chiari e Ugo Tognazzi (I baccanali di Tiberio), Luigi Magni (Scipione detto anche L'africano), Franchi e Ingrassia (Satiricosissimo) o Boldi e De Sica (Spqr). Ora è la volta di Maurizio Battista cosceneggiatore, produttore e protagonista in quello che è il suo film più personale, Tu quoque di Gianni Quinto. in arrivo in sala dal 3 aprile con Nexo Studios Battista, abituato ai teatri pieni e al successo in tv, da sempre più cauto con il cinema (ha interpretato una decina di film, privilegiando i ruoli di supporto) in Tu quoque, prodotto da Ballandi Srl in collaborazione con Lml Group Srls e Alma Srl, unisce alla commedia satirica sui difetti degli italiani (e dei romani in particolare), i toni da dramedy, attraverso momenti più riflessivi. "Non voglio fare il vecchio, ma a una certa età i sentimenti ti ammorbidiscono, ti vengono i ricordi, e nel film ci sono tanti malesseri che ho vissuto... purtroppo - spiega l'attore all'ANSA -. Volevo dare emozioni, perché di quelle abbiamo più bisogno, quando cresciamo. Forse è una pretesa grossa, ma ci abbiamo provato".
Come veicolo nella trama, che ha fra gli interpreti anche Paolo Triestino, Francesca Antonelli, Giorgio Caputo, Marco Conidi, Milena Miconi, Guglielmo Poggi, Jane Alexander, Lucianna De Falco e Benedetta Mazza, c'è il personaggio di Massimo Quinto (Battista), sessantenne in bolletta, con un matrimonio fallito e un figlio ventenne, Edoardo (Poggi) che non gli parla più. Dopo una notizia molto negativa legata alla sua salute , Massimo ha un incidente in scooter e magicamente si risveglia in un mondo che ha sempre amato, quello dell'antica Roma. Qui le conoscenze della vita quotidiana lo aiutano a trovare soluzioni 'creative' molto utili per i cittadini; nel frattempo si ritrova anche a diventare amico di Giulio Cesare (Triestino) e sua moglie Calpurnia (Antonelli) e a riesaminare il suo passato con l'aiuto dei una strega/aruspice (De Falco).
"Sul ritorno all'antica Roma non c'era niente da inventare - aggiunge Battista - ma ho voluto tentare qualcosa di diverso.
Non pensavamo certo di fare un film da Oscar, ma ci abbiamo messo il cuore, volevamo creare una bella storia, un'ora e mezza che suscitasse qualche lacrima e qualche risata".
Non poteva mancare lo sguardo sui romani, fra ieri ed oggi: "Abbiamo difetti atavici… se in 2000 anni non siamo cambiati, non penso cambieremo nemmeno nei prossimi 2000 - commenta sorridendo -. Ma forse siamo belli e brutti per questo. Ho girato tanto il mondo e l'Italia me la tengo stretta anche con tutte le sue problematiche e inquietudini". Nella storia "secondo me le donne hanno una marcia in più, da Francesca Antonelli a Lucianna de Falco. Il mio sogno è continuare a lavorare con quelli più bravi, perché rendono anche me migliore". Battista non pensa agli incassi: "A cambiare la vita non sono quelli, ma le emozioni, le gratificazioni. Ho pensato soprattutto a fare il film nella maniera che volevo e in quel posto, Cinecittà, dove non mi sarei mai sognato di girare una storia così… io prima ci avevo fatto il Grande fratello… il passo per me è stato grosso". Fra le curiosità delle riprese "le due porchette, costate 1600 euro, comprate per la scena delle cena luculliana - racconta Battista -. La cosa fantastica è che per i pasti noi avevamo i cestini ma avevamo accanto il catering gigantesco di un film di George Clooney… Eravamo tanti e sembrava - scherza - che aspettassimo gli avanzi".
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