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L'assemblea legislativa discute la legge sulla famiglia

L'assemblea legislativa discute la legge sulla famiglia

In Aula le relazioni maggioranza, Fioroni, e opposizione, Bori

PERUGIA, 17 settembre 2024, 13:27

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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L'Assemblea legislativa ha iniziato la discussione delle "Integrazioni e modificazioni al testo unico Sanità e Servizi sociali", a firma di Fioroni, Lega, Pastorelli, FI, Peppucci, Carissimi, Rondini, Mancini, Nicchi, Pace, FdI, e Fora, Patto civico, definita "Legge sulla Famiglia".
    Prima dell'illustrazione del provvedimento la maggioranza dei consiglieri ha bocciato la richiesta avanzata da Thomas De Luca (M5s) di sospendere i lavori per ascoltare i rappresentanti delle diverse associazioni che assistevano ai lavori d'Aula. I contenuti della norma sono stati spiegati dalla prima firmataria Paola Fioroni, Lega. “Negli ultimi giorni - ha spiegato - ho letto contestazioni che mi sono sembrate lontane dalla realtà. Credo nel sociale quale investimento che crea valore, sviluppo e coesione e rappresenta non certo un costo. Nel nostro programma elettorale una parte importante era dedicata alla valorizzazione della famiglia, come mezzo per creare valore pubblico e tutela della comunità regionale. Questo atto, che risale al 2020, è stato al centro di audizioni alle quali hanno partecipato molte associazioni, le cui osservazioni in alcuni casi sono state anche recepite. Non si tratta quindi di una iniziativa elettorale, visto che risale a 4 anni fa ed ha richiesto un lavoro piuttosto importante. La portata della legge sta soprattutto nel sostenere le funzioni della famiglia e promuovere la formazione di nuovi nuclei familiari rimuovendo gli ostacoli di ordine sociale, culturale ed economico che impediscono le nuove nascite grazie a nuovi finanziamenti, una programmazione triennale e fondi strutturali per un ammontare complessivo di 30 milioni. Sappiamo che il progetto di vita di una famiglia può essere messo in difficoltà dai momenti di cambiamento: una nuova nascita, una malattia, un decesso, una crisi economica dovuta alla perdita del lavoro o una separazione, ed in ogni fase la famiglia ha bisogno di ricostruire equilibrio e resilienza soprattutto a tutela dei minori e dei figli. E proprio in questa direzione va questa legge. Tra le novità più significative del testo ci sono l’impegno della Regione per la tutela dei minori, la genitorialità, la natalità, l’informazione e la formazione delle coppie e dei nuovi nuclei familiari. Il supporto delle famiglie monoparentali, numerose, separate, divorziate o adottive. Il sostegno dell’associazionismo familiare, alla tutela della vita fin dal concepimento e più generale alla famiglia nel proprio progetto di vita. Viene introdotto il sostegno alla natalità come misura strutturale anche per le famiglie adottive e il Fondo regionale di solidarietà in favore dei figli orfani. Si prevede il sostegno alle gestanti e alle madri in difficoltà, alla genitorialità anche in caso di separazione e divorzio, anche attraverso l'armonizzazione dei tempi di vita personale e professionale, per conciliare gli impegni familiari con l'attività lavorativa, rendendo strutturale il bonus neo-mamme e promuovendo politiche di welfare aziendale, destinati ai genitori, nonché potenziando i servizi per l’infanzia. Verranno rafforzati i servizi di mediazione familiare, nel rispetto della volontarietà ed in ottemperanza delle norme nazionali e della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Saranno potenziati i consultori affinché possano essere concretamente fruibili ed accessibili, fornire informazioni sulla genitorialità e la maternità consapevoli, nonché sull’adozione e l’affidamento di un minore. Previsto il consolidamento e la continuità dei ‘Centri per la famiglia’ che, in raccordo con i consultori familiari, favoriscono la stretta integrazione tra servizi sociali, educativi, psicopedagogici e sanitari, con lo scopo di promuovere la genitorialità e il ruolo sociale, educativo e di cura delle famiglie e promuovendo un maggiore protagonismo di famiglie e associazioni. Sarà istituito il ‘Fattore famiglia dell’Umbria’, strumento integrativo dell’Isee per la definizione delle condizioni economiche e sociali che consentono di accedere agli interventi previsti per la famiglia. Verrà creato il ‘Dipartimento per la famiglia’, con funzioni propositive, di coordinamento e di monitoraggio delle politiche trasversali in favore della famiglia, nonché di valutazione degli effetti prodotti dagli interventi previsti nel Piano triennale regionale. A questo fine il Dipartimento per la famiglia si avvale di un Tavolo di consultazione composto anche dai rappresentanti delle famiglie del territorio regionale. Previsti inoltre i ‘Distretti famiglia’, aggregazioni volontarie delle comunità e strumento di integrazione nel territorio di tutte le organizzazioni, gli enti che possono lavorare in sinergia per le politiche familiari in cui vengono sviluppate azioni di partenariato e di co-progettazione al fine di promuovere e valorizzare la famiglia. Istituito inoltre l’Elenco regionale degli organismi di rappresentanza delle famiglie, per garantire un effettivo coinvolgimento delle associazioni nelle politiche familiari. La legge punta al sostegno del progetto di vita e della libertà di scelta del proprio domicilio delle persone anziane, non autosufficienti e con disabilità. Introduce il fondamentale riconoscimento per il ruolo ed il lavoro del caregiver familiare prevedendo il coinvolgimento e il supporto di questa figura indispensabile nell’organizzazione familiare, senza prevedere una monetizzazione in caso di una condizione di disabilità. Individua gli strumenti necessari ad assicurare un effettivo diritto allo studio nonché la continuità scolastica, soprattutto con riferimento agli alunni con bisogni educativi speciali, prevedendo anche contributi sui costi sostenuti dalla famiglia per la frequenza scolastica. Nel riconoscere e promuovere il ruolo della famiglia, la società gioca la sua stessa sopravvivenza. Occorre riconoscere e valorizzare le dinamiche familiari laddove, tramite la crescita e l’educazione dei figli, l’attività di care dei familiari, le funzioni di ammortizzatore sociale e tutte le attività di contorno, tali dinamiche contribuiscono significativamente alla produzione di ricchezza del Paese. Famiglia vuol dire tessitura di legami, solidarietà intergenerazionale, rapporto di prossimità, parentela e vicinanza, dimensioni che consentono il rafforzamento della coesione comunitaria. La famiglia è anche una cellula economica fondamentale, centro di redistribuzione del reddito e delle rendite, ammortizzatore economico in caso disoccupazione, luogo in cui si educano le nuove generazioni sui temi dello sviluppo sostenibile, ed è soprattutto generatore di capitale sociale, tutelando i deboli, prevenendo l’abbandono scolastico, promuovendo la partecipazione e la socializzazione dei figli. Le politiche familiari, quelle di reale sostegno strutturato e strutturale, possono incidere positivamente sia sulla disoccupazione che sulla sfida demografica, e possono essere decisive nell’affrontare e nel prevenire la povertà e l’esclusione sociale. Il calo demografico è il problema più critico per la nostra Regione: una perdurante sproporzione tra decessi e nuovi nati, e una tendenza dei giovani a cercare altrove una possibilità di vita. I nostri borghi perdono abitanti, così come le grandi città, e la popolazione invecchia, aumentando le aspettative di vita per uomini e donne e aumentando le cronicità e le necessità assistenziali. Le dinamiche demografiche sono e saranno sempre di più uno dei fattori cruciali dell’economia, e lo stesso sviluppo dell’Umbria dipenderà non solo dalle politiche economiche, ma anche da quelle sul benessere familiare, che aiutano a mantenere le persone sul territorio e sanno innescare dinamiche equilibrate con rapporti sostenibili fra giovani e anziani". Il relatore di minoranza, Tommaso Bori (Pd), ha evidenziato che “siamo partiti molto male, impedendo alle persone che sono qui oggi di confrontarsi con noi prima del voto". "Concordo - ha aggiunto - sul fatto che è stato fatto un lavoro incredibile, che però è privo di credibilità. Questo atto, depositato nel 2020, viene portato in Aula dopo 4 anni, per la campagna elettorale. Il testo è stato modificato lo scorso 11 luglio scorso con un emendamento interamente sostitutivo che ha modificato un articolato che era stato più volte pubblicizzato dalla destra umbra e di cui era stata annunciata l’approvazione entro la fine del 2023. Quindi la Terza commissione ha discusso un atto per anni e oggi votiamo un testo diverso. Inoltre nella seduta in cui è andata in votazione la proposta di legge emendata la richiesta di svolgere nuovamente un’audizione con le associazioni ascoltate precedentemente è stata bocciata, nonostante fosse anche previsto dal regolamento interno, creando un precedente e limitando i diritti delle minoranze e il diritto di partecipazione dei cittadini. Questa legge è uno strumento di cui la destra aveva bisogno per l’ennesima campagna elettorale reazionaria e oscurantista. Esso ha al suo interno troppi spazi di ambiguità e che potrebbe consegnare i Consultori dell’Umbria ad associazioni che si oppongono alla libertà delle scelte sul corpo della donna. Sarebbe la degna conclusione di un mandato iniziato con la negazione dell'interruzione di gravidanza farmacologica, portando in piazza migliaia di persone e rendendo l’Umbria un esempio negativo. La destra, mentre parla di famiglia tradizionale, non ne ha neppure una, come dimostrano i casi Giambruno, Lollobrigida e Sangiuliano. Per la maggioranza quindi ideologie e i principi portati avanti sono solo uno strumento acchiappa voti. Da questa legge emerge quanto sia distante dalla nostra società il concetto di famiglia unica e tradizionale che è alla base di tutta la proposta. In particolare all’articolo 1 si sostituisce la parola ‘famiglie’ con ‘famiglia’, definizione che non tiene conto della realtà delle formazioni familiari nel nostro paese e della loro evoluzione nel corso del tempo, presentando anche evidenti profili di incostituzionalità. Si tratta di un testo ideologico, patriarcale e oscurantista, che vorrebbe manipolare le opinioni e le scelte delle persone, ed in particolare delle donne, per eliminare la cultura dell'autodeterminazione e della libertà di scelta. Questa non è una legge per la famiglia, è una legge contro le famiglie. Non è una legge in favore della donna, ma è una legge contro le donne. Non è una legge per la comunità Lgbtqi+, ma è una legge contro la comunità Lgbtqi+. La norma determina un concetto di famiglia a senso unico disconosce le altre forme di famiglia, andando contro il riferimento fondamentale agli articoli 2 e 3 della Costituzione, nonché all’articolo 9 dello Statuto regionale. Nella civiltà moderna occorra fare riferimento a una pluralità di modelli familiari differenti, tutti meritevoli di eguale tutela, promozione e protezione da parte delle istituzioni pubbliche. L’articolo 29 della Costituzione non definisce la famiglia come unione esclusiva di un uomo e una donna (cosiddetta famiglia tradizionale) ma come ‘società naturale’. In contrasto con la visione totalitaria secondo cui è lo Stato a decidere quali famiglie possono esistere e quali invece possono essere sciolte a forza, come avvenne nel caso dei matrimoni fra ebrei e non ebrei. È a questo concetto che la Corte costituzionale si è richiamata per sottolineare il fatto che la Costituzione italiana non vieta il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Ed è sulla base di concetti di questo tipo che anche i tribunali italiani hanno iniziato a stabilire che anche la famiglia formata da due persone dello stesso sesso è ‘naturale’. Alla famiglia 'tradizionale' se ne affiancano certamente altre, come quelle monoparentali, quelle di fatto, quelle omogenitoriali. Quanto è lontano dalla realtà della nostra società un testo come questo, che così come elaborato considera legittima, degna di difesa e destinataria di risorse una sola tipologia di famiglia, quella formata da un uomo e una donna uniti in matrimonio con prole, dimenticando tutte le altre realtà familiari, compreso chi non riesce ad avere figli o chi non vuole averne. Una proposta, questa, che dimentica che nel 2016, in ossequio alle norme sovranazionali in materia di famiglia (soprattutto le norme della Cedu), a seguito di un complesso ed articolato percorso parlamentare è stata finalmente approvata la ‘Legge Cirinnà’ n.76/2016, grazie alla quale è stata data una regolamentazione giuridica delle Unioni Civili, nonché delle convivenze di fatto. Alle due formazioni sociali menzionate in precedenza (famiglia c.d. tradizionale e famiglia omogenitoriale) se ne affianca certamente una terza: la famiglia di fatto. La legge che discutiamo parte dal presupposto e dall’assunto che la società, oggi, sia ancora basata solo su un solo tipo di famiglia. E allora anche in questa relazione ci tengo a ribadire quanto questo testo sia lontano dal contesto sociale contemporaneo e quanto sia urgente un riconoscimento di tutte le realtà oggi esistenti se davvero la Regione Umbria ha intenzione di andare incontro ai reali bisogni della comunità. Senza un ampliamento della definizione di famiglia, che quanto meno rispecchi l’attuale assetto normativo dello Stato, nonché la realtà della società nella quale viviamo, la proposta di legge resta un mero strumento di propaganda politica di parte e non un dispositivo al servizio della collettività. La proposta di legge è lontana dalla società e volta a limitare i diritti, in particolar modo quelli delle donne, lo dimostra anche la lettera f) dell’articolo 2, dove prevedendo di ‘tutelare e promuovere la vita umana fin dal concepimento e in tutte le sue fasi, promuovendo l’offerta, per le famiglie, e in particolare per i genitori, di sostegni sociali ed economici, nonché un contesto socio-culturale idoneo a favorire interventi volti a prevenire e a rimuovere le difficoltà economiche, sociali e relazionali che possano indurre all’interruzione di gravidanza, in attuazione e nel rispetto della normativa nazionale vigente, anche attraverso apposite convenzioni con soggetti non istituzionali’, si vuole nei fatti creare le condizioni affinché una donna che decide di sottoporsi ad una interruzione volontaria di gravidanza cambi idea. La legge n.194/1978 è un provvedimento che sancisce in modo equilibrato il diritto di accesso e le modalità del ricorso sicuro per ogni donna all’Interruzione volontaria di gravidanza, sia presso le strutture pubbliche del Servizio sanitario che presso le strutture private convenzionate, è un diritto a tutela della salute delle donne, dopo i tempi bui dell’aborto illegale e clandestino e la disumanità delle pratiche che hanno causato danni irreversibili alle donne. In questo testo viene quindi introdotto l’ennesimo tentativo della destra umbra di prevaricare la soggettività femminile quando si tratta di interrompere una gravidanza, attraverso la interposizione di ostacoli al percorso già doloroso di chi prende in considerazione l’aborto, come già si era tentato di fare ad inizio mandato. È grave il considerare i consultori pubblici alla stregua di ‘altre strutture private convenzionate’, prevedendo la presenza al loro interno dell’associazionismo non tanto pro-vita quanto contro la libertà di scelta e di autodeterminazione della donna, prevedendo la creazione di un albo regionale degli organismi di rappresentanza delle famiglie, di un ‘Dipartimento della Famiglia’ e persino un ‘Distretto per la Famiglia’, di cui non si comprendono bene le funzioni e le eventuali sovvenzioni pubbliche. La proposta risente fortemente di una impostazione fanatica e conservatrice poiché intende ‘tutelare e promuovere la vita umana fin dal concepimento’, prevedendo peraltro contributi una tantum alle donne che decideranno di portare avanti la gravidanza, lasciandole sole senza servizi. La normativa monetizza la cura delle persone con disabilità senza prevedere servizi adeguati e scaricando di fatto sulle famiglie e sulle donne, il peso e la responsabilità del loro benessere. Esprimo quindi una netta contrarietà ad un testo che introduce principi anacronistici e patriarcali, attraverso una modifica disorganica e strumentale del Testo Unico, causando un ritorno indietro e non un passo avanti per la cittadinanza umbra”.

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