I 'fuori concorso non fiction', questa la sezione più dentro la contemporaneità dell'81/ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, la sezione più vera del vero, quella dei documentari con dentro non solo la guerra in Medio Oriente, ma anche quella in Ucraina, l'immigrazione e un futuro più nero del nero.
Partiamo intanto dalle guerre. Ben due i documentari sul fronte ucraino: 'Songs of Slow Burning Earth' di Olha Zhurba e 'Russians at War' di Anastasia Trofimovia.
Nel primo un ritratto collettivo della giovanissima regista degli ucraini in fuga dalla tragedia della guerra e di coloro che sono rimasti e sono costretti ad adattarsi alla vita sotto continui bombardamenti. Il film è come un "diario audiovisivo dell'immersione dell'Ucraina nell'abisso dei primi due anni dell'invasione russa". Comunque un documentario "composto da luoghi, personaggi occasionali, rari dialoghi, suoni e silenzi che mostrano come la guerra si sia normalizzata. Sullo sfondo di questo paesaggio, una nuova generazione di ucraini si ritrova anche ad immaginare il futuro".
Anche il secondo documentario, 'Russians at War', è firmato da una donna, la regista russo-canadese Anastasia Trofimovia. Questa giovane filmmaker moscovita riesce a farsi accettare in una unità medica sul fronte russo del conflitto e rimane con loro per un anno intero, raccogliendo testimonianze dei soldati, che passano dall'adesione acritica alle motivazioni patriottiche, alla disillusione più totale, dopo aver sperimentato in prima persona l'insensatezza del conflitto e le falsità della propaganda russa. Per montare il girato, la regista ha dovuto trovare ospitalità prima in Canada e poi in Francia dove si trova attualmente.
Senza alcuna autorizzazione o permesso ufficiale, la regista si guadagna la fiducia dei soldati russi e si imbarca per un anno in un battaglione che attraversa l'Ucraina orientale. Ciò che scopre è ben lontano dalla propaganda e dalle etichette imposte dall'Est o dall'Ovest: un esercito confuso, soldati disillusi e spesso in difficoltà nel capire per cosa stiano combattendo.
Sul conflitto in Medioriente, forse la guerra meno rappresentata dai media, al Lido passa 'Israel Palestine on Swedish Tv 1958-1989' di Goran Hugo Olsson che come già indica il titolo è un film di montaggio e con nessuna attualità che raccoglie in ordine cronologico molti dei servizi giornalistici su questa guerra mandati in onda dalla TV svedese dal momento della sua creazione nel 1958. Insomma un riassunto di storia dei rapporti del conflitto irrisolto israelo-palestinese fino al 1989. Fino a quella data l'emittente pubblica SVT realizzò un servizio unico su Israele e Palestina. I loro reporter erano costantemente presenti nella regione colpita dalla guerra, documentando tutto, dalla vita quotidiana alle crisi internazionali.
Sul fronte guerra c'è poi la riflessione squisitamente filosofica posta da Amos Gitai in 'Why War'. Il film si basa sul dialogo tra Einstein e Freud del 1931. Ad Albert Einstein fu chiesto dalla Società delle Nazioni di scegliere un intellettuale a cui rivolgere una domanda. E scelse Sigmund Freud. E gli pose una domanda di due parole, ovvero: "Why War". C'è uno scambio di lettere tra i due, con Einstein che dà la sua interpretazione alla risposta di Freud. Una domanda oggi più che mai attuale di fronte al moltiplicarsi dei conflitti. Dentro l'attualità e assolutamente da non perdere poi 'Separated' di Errol Morris. Un documentario che racconta il tragico momento della separazione, sul confine Messico-Usa, dei figli di immigranti clandestini dai loro genitori, imposta dall'amministrazione di Trump. Il tutto basato sull'indagine Separated: inside of an american tragedy del vincitore del premio Walter Cronkite 2019, Jacob Soboroff.
Infine tra gli altri film al Lido anche un docu che cerca di raccontare il futuro. Si tratta di '2073' di Asif Kapadia. La domanda è: "Come sarà il mondo tra cinquant'anni? Cornice sci-fi distopica, montaggio di immagini che provengono da tv e social".
Un documentario comunque che se guarda al futuro e alle sfide che il mondo dovrà affrontare tra cinquant'anni è ispirato al passato, a quel La Jetée, film di fantascienza sperimentale del 1962 diretto da Chris Marker.
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