(di Paolo Petroni)
La lingua, si sa, si evolve
continuamente, si modifica con l'uso e il suo estendersi. Per
questo il libro diario racconto ''STORIA DI MIA VITA''
(SELLERIO, pp. 148 - 15,00 euro) di JANEK GORCZYCA, polacco oggi
sessantenne arrivato in Italia nel 1992, è stato visto come la
testimoninaza di un italiano nuovo, di nuova generazione, tra
appunto semplificazioni e distorsioni nell'uso di molti
immigrati, oramai parte del tessuto del paese, e una creazione
linguistica, ora che è messa su carta e stampata, che magari può
o potrà avere un suo valore letterario.
A confermare questa possibilità c'è un raccontare quasi in
presa diretta, con un ritmo reso incalzante dallo stile
particolare, dal poco uso degli articoli (pare le lingue slave
non ne abbiano), dalle frasi brevi, incisive, dai pochi
aggettivi per andare dritto alla sostanza dei fatti e delle
sensazioni, che siano positive o negative, senza mai tirarsi
indietro, come accettando i diversi, contrastanti, fortunati o
spiacevoli momenti cui ti costringe la vita. Ecco un fallimento,
una delusione, un colpo storto del destino, ma cui non piegarsi
davvero mai, cogliendo il momento per reagire, per andare vanti,
avendo sempre uno scopo, un interesse personale o per la
comunità di cui si fa parte e di cui diventa così naturalmente
un punto di riferimento.
Gorczyca, dopo essere stato in Afghanistan, aver vissuto la
caduta dell'impero sovietico, la rinascita della sua Polonia,
dal 1998, da quando allora perse il lavoro, scaduto il permesso
di soggiorno e sfrattato dalla stanza che aveva a Campo dei
Fiori, vive a Roma senza fissa dimora, senza una casa, senza un
posto fisso di lavoro. Dopo tre mesi per strada, in cui incontra
e nasce il suo tenero, grande amore con la bella Marta, scopre
che è possibile occupare Villa Farinacci detta la Torre e
''quando facciamo sopraluogo, vediamo un cancello, ma facendo io
il fabbro per me non era un problema''. Inzia così ''sta
avventura che poi è diventata storia vera'' e durata sino a
oggi.
In quell'edificio lui, il più organizzato e quello che ha la
chiave per distribuire l'acqua, diventa il punto di riferimento
per coloro che vi arrivano a abitare, a cominciare da altri
polacchi senza permesso di soggiorno. Lavora come fabbro da
Giovanni ed è amico di tutti, anche se non è sempre facile: ''La
legge della strada: non puoi essere più grande di loro, se stai
un po' fuori dalla loro filosofia, sei nemico. Se fossi stato
debole fisicamente o psicologicamente sarei morto''. Non si
sente per questo diverso dagli altri e, anche se lui ha un
lavoro, beve non meno di loro e finirà anche in prigione.
Il problema è infatti l'alcolismo grave e che coinvolge
tutti, a cominciare da lui e Marta, che avrà due tumori e,
amorevolmente assistita, ne morirà. ''Insomma io vivo ancora ma
morti per alcol non voglio neanche contare. Non servono
avvertimenti. Insomma, morta anche mia Marta. Per questo vorrei
finire mio racconto ... perché ho sofferto troppo'', confessando
che ''alcolismo era mio stile di vita che non me ne accorgevo''
e che si può vincere solo con la volontà personale e, come
scrive chiudendo il racconto, ''unica cosa che voglio dire è che
ho trovato bravissima psichiatra''.
Attorno a lui chi sta male, chi finisce in ospedale, chi fa a
botte, i suoi cani, : ''qui lo dichiaro, non sono un eroe, ma la
vita per strada è piena di sorprese''. Tra queste svegliarsi una
mattina con la polizia che ha sgombrato tutti, ma avendo oramai
dei contatti riesce a far rientrare la cosa, così viene preso di
mira. E' un individualista anarchico naturalmente altruista,
abituato a sapere che la sua vita è una lotta, che lo porta sino
a pensare a gesti estremi. Lo salva la sua vitalità e istitiva
capacità di continue invenzione per sopravvivere e difendere
persone e cani dagli interventi delle forze dell'ordine.
''Arriva politico del Municipio con Rossella e anche una del
Campidoglio, si rimangiano tutte le promesse, fanno sceneggiata,
ma io ottengo ancora accesso alla Torre'' anche se segue la
denuncia e poi una condanna a tre mesi. Il tutto inserito in una
girandola di accadimenti, di improvvisazioni, di caffè o birre
al bar, avocati inutili, amici e sempre Marta e i cani. E il
capitolo (pag.90) sulla sua scarcerazione è esemplare per
sostanza e stile del racconto.
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