ANTONIO SKARMETA, I NOMI DELLE COSE
(EINAUDI, PP. 183, EURO 19)
Realismo con lampi di poesia, è il timbro di Antonio Skármeta,
scrittore cileno, voce fra le più affascinanti della narrativa
latino-americana contemporanea; è autore del romanzo Il postino
di Neruda, da cui è stato tratto il film con Massimo Troisi e
Philippe Noiret, diretto da Michael Radford. Skármeta riempie le
storie di mare, letteratura, relazioni, musica, passioni,
malinconie e le sue pagine vibrano di bruciante sincerità. I
nomi delle cose, uscito per Einaudi, raccoglie tredici short
story. La prima della serie è Il giovane con il racconto.
Protagonista un ragazzo che, in cerca di tranquillità e
ispirazione, si trasferisce in una baracca in spiaggia per
scrivere un romanzo. Attorno a lui "neanche un filo di vento, la
sabbia bianca, gli scogli distribuiti sapientemente, e il mare e
il cielo a perdita d'occhio". Con sé ha scatolette, birre, vino
e una pistola carica. Si sente un re, "con tre buone matite in
tasca, e con la tranquilla consapevolezza di non aver bisogno di
nient'altro al mondo". Eppure, troverà la vera pace dei sensi
solo quando entrerà in sintonia con degli sconosciuti ghiotti di
telline.
Le tensioni domestiche e lo scontro generazionale delineano
l'esile trama di Pesce, spaccato familiare di liti tra nuora e
suocera; a narrare è un bambino, il piccolo di casa: "la vecchia
sbuffò senza dire una parola. Sembrava che simulasse la fine di
un attacco d'asma. Sapevo che le orecchie della nonna avevano
denti aguzzi che trituravano di gusto le parole dette". Il
vecchio nonno è paralizzato su una sedia a rotelle e spesso
impreca, sarà un pranzo a base di 'congrio colorado' a calmare
la bufera scatenata da una zuccheriera di ceramica andata in
frantumi sul pavimento della cucina.
Notevole, inoltre, Il ciclista del San Cristobal, un giovanotto
in sella alla bici pesta sui pedali, e il linguaggio si scorpora
in immagini abbaglianti:"E in un'ultima esaltazione che veniva
dalle piante dei miei piedi e mi riempiva di sangue stupendo,
ribollente, caldo, le cosce e i fianchi e il petto e la nuca e
la fronte, in un coronamento, in una sfida del mio corpo a Dio,
in una corsa irresistibile, sentii che la salita si ammorbidiva
per un attimo e aprii le palpebre e guardai il sole negli
occhi".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA