(di Chiara Venuto)
TURISMO DI MASSA E USURA DEL MONDO -
RODOLPHE CHRISTIN (ELÈUTHERA EDITRICE, PP. 136, EURO 13,30) - La
fontana di Trevi è assediata dai turisti a tutte le ore del
giorno. A Venezia si sgomita per passare dalle calli. Lunghe
code e prezzi gonfiati sono la realtà quotidiana anche a Napoli.
L'overtourism è un tema serio e tanto discusso, tra chi lo
critica e chi sostiene non sia un problema. Rodolphe Christin,
sociologo francese che da anni si occupa di questo argomento, lo
racconta nel suo nuovo libro "Turismo di massa e usura del
mondo", pubblicato per Elèuthera editrice con traduzione di Gaia
Cangioli e postfazione di Paolo Cognetti, un saggio in cui lo
studioso cerca di spiegare il passaggio dall'"uso" all'"usura"
del mondo attorno a noi. Rispondendo anche ad alcuni
interrogativi: è ancora possibile dirci viaggiatori? O la
mobilità contemporanea, l'onnipresenza della comunicazione, il
mercato globale ci hanno definitivamente trasformati in turisti,
clienti e consumatori di un'enorme industria che vende la
bellezza del mondo?
Nelle sue centotrentasei pagine, Christin provvede a
sradicare alcune delle convinzioni della società in cui viviamo
con la maestria di chi ha a lungo riflettuto su determinati
processi. Il suo è un occhio molto critico in merito a tutto ciò
che riguarda il turismo com'è oggi, ma anche com'è nato. Per
lui, la diffusione anche tra i ceti più bassi del desiderio
turistico (una vera e propria "massificazione) in seguito
all'introduzione del diritto alle ferie pagate è frutto di un
processo di 'distrazione' da occupazioni che potevano includere
anche "l'attivismo sedizioso", tra le altre cose. Da qui è nata
un'industria che ha distrutto la dimensione simbolica del
viaggio, divenuta una "fuga d'evasione" in posti in cui a
dominare è la logica economica.
Certo è che, in un modo ormai bombardato di foto in
villeggiatura, in città d'arte o su montagne dai panorami
mozzafiato, criticare il concetto di "ipermobilità" come fa lo
studioso è una scelta controcorrente. Per lui viviamo in
un'epoca "dromomaniaca", in quanto "il movimento dà
l'impressione di vivere al massimo", un modello ideologico e di
comportamento del quale "il turismo è la punta di diamante". Il
risultato? Per Christin è lo sradicamento e la
"standardizzazione dei luoghi", che vengono trasformati
piuttosto in "nonluoghi" fatti di servizi per il consumatore.
Turista che vi si reca perché continua a subirne l'"incanto",
alla ricerca di un territorio in cui esista ancora un senso di
comunità che, però, è in via d'estinzione proprio per via del
turismo. La soluzione? Trovare un mondo per ritrasformare la
'mobilità' in 'viaggio': se la prima "sradica", il secondo
"radica", sostiene Christin. Facendo bene a tutti, perché ridà
consapevolezza a chi si sposta e a chi rimane.
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