(di Luciano Fioramonti)
Le litografie, soprattutto, accanto
alle ceramiche, ai manifesti e alle sculture. L' elemento
onirico, i colori e la joie de vivre di Joan Miró raccontano le
154 opere che ne tratteggiano il percorso dal 1924 al 1981, due
anni prima della morte, in mostra al Museo Storico della
Fanteria, a Roma, fino al 23 febbraio 2025. ''Mirò, il
costruttore di sogni'', curata da Achille Bonito Oliva, Maithé
Vallès-Bled e Vincenzo Sanfo, riunisce lavori poco visti
provenienti da collezionisti privati italiani e francesi e
documenta l' attitudine alla sperimentazione del maestro
catalano e i suoi rapporti con i grandi nomi della scena
artistica e culturale del suo tempo, da Dalì a Picasso e Man
Ray, ai poeti Eluard, Breton, al dadaista Tristan Tzara. A
spiccare sono le litografie curate da stampatori e incisori di
eccellenza come Fernand Mourlot, richiestissimo dai maggiori
artisti dell' epoca da Matisse allo stesso Picasso, al quale si
deve la perfetta presa di colore nel procedimento di stampa
delle opere grafiche che Mirò seguiva personalmente in ogni sua
fase (nella sua lunga carriera firmò ben 1200 manifesti). Negli
Stati Uniti Mirò si confrontò anche con il dripping ma a
differenza di Jackson Pollock, che spargeva il colore d' istinto
sulla tela, le sue macchie sono tutte frutto di calcolo. ''Il
colore cade dove lui vuole - spiega Sanfo -, la sua costruzione
dell' opera non era casuale seguiva un suo equilibrio''.
Ogni mostra di Miró, sottolinea il curatore, dice sempre
qualcosa di nuovo. ''Qui il suo lungo percorso creativo che
permette di scoprire la sua coerenza stilistica e di pensiero.
In questo essere apparentemente spontaneo e immediato c' è un
filo che attraversa tutto il suo lavoro. Abbiamo bisogno di
sogni in questo periodo storico particolare segnato dalla
inquietudine di fondo che attraversa le nostre vite. La
prospettiva di Mirò è appunto di andare oltre quello che noi
viviamo e cercare di immaginare un mondo diverso e gioioso,
guardandoci intorno con ottimismo''. Questa ultima tappa della
mostra, dopo Torino, Trieste e Catania - presenta alcune piccole
sculture. ''Mirò si considerava un artigiano, amava sporcarsi le
mani. Aveva un suo modo particolare recuperando e dando nuova
vita a oggetti inutilizzati trovati nel suo studio, per strada
o in spiaggia''. Su una parete blu colpisce per i suoi toni
cupi un quadro solitario, 'Deux personnages'' del 1937, con un
uomo nell' atto di lanciare un sasso contro una donna che
allarga ler braccia. ''Sono le due fazioni della guerra civile
spagnola che si fronteggiano, le immagini evocano i soggetti di
Bosch visti al Museo del Prado e le pitture rupestri che aveva
studiato. Tra le due figure al centro c'è una macchia blu… è un
cielo azzurro che al di là del dramma e dell' angoscia lascia
intrevedere la speranza di un vita migliore, nonostante tutto''.
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