Arriverà il 10 aprile la decisione
del giudice Carla Pastorini se rinviare a giudizio o
prosciogliere i cinque medici dell'ospedale di Lavagna imputati
per la morte di Camilla Canepa. La studentessa di 18 anni di
Sestri Levante era morta a giugno 2021 all'ospedale San Martino
di Genova dopo essere stata vaccinata con Astrazeneca durante un
open day.
Dall'autopsia era emerso che Camilla "non aveva alcuna
patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco". E che la
morte per trombosi era "ragionevolmente da riferirsi a un
effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid".
Secondo l'avvocato Jacopo Macrì, che assiste i parenti della
ragazza, "Camilla si poteva salvare. I medici dovrebbero andare
a processo perché secondo noi a quella data c'erano conoscenze
scientifiche tali da imporre un percorso diagnostico e
terapeutico diverso da quello che è stato seguito".
A quattro dei sanitari è contestato il reato di omicidio
colposo. In particolare, secondo la procura, non avrebbero
provveduto, in occasione dell'accesso della ragazza al pronto
soccorso nella serata del 3 giugno 2021, all'effettuazione di
tutti gli accertamenti diagnostici previsti dal protocollo
terapeutico elaborato da Regione Liguria per il trattamento
della sindrome da Vitt (Vaccine-induced immune thrombotic
trombocitopenia), che aveva colpito la ragazza dopo l'infusione
della dose vaccinale.
L'esecuzione di tali approfondimenti avrebbe consentito,
secondo i pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo, di formulare la
corretta diagnosi della patologia insorta e di adottare
tempestivamente il trattamento terapeutico che, con elevata
probabilità, avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere. A
tutti gli indagati (difesi dagli avvocati Paolo Costa, Stefano
Savi, Alessandro Torri, Alberto Caselli Lapeschi e Maria
Antonietta Lamazza) è contestato anche il reato di falso
ideologico per non avere attestato, nella documentazione
sanitaria, che la ragazza era stata sottoposta a vaccinazione
anti Covid.
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