Quasi un oratorio per "I Persiani" di Eschilo al debutto al Teatro Greco di Segesta. Claudio Collovà ha scelto di metterlo in scena con i cinque personaggi e nessun coro, ma con l'intento di dare risalto massimo alla parola di Eschilo, testimone atterrito dei fatti di cronaca narrati nella più antica delle tragedie che ci sono pervenute. I fatti riguardano la battaglia di Salamina cui l'autore aveva partecipato. Negli anni a venire i persiani taceranno sull'accaduto, ma Eschilo no, e non vuole celebrare la forza e l'astuzia dei greci, ma l'insensatezza della guerra voluta da Serse, un re colpevole di arroganza e offesa agli dei. Voleva invadere la Grecia e impossessarsi di Atene. Possiede una flotta di mille navi, i greci ne hanno appena trecento, ma in guerra niente è scontato e il mare inghiottirà le navi persiane. Questa è la tragedia che la storia ci consegna.
Eschilo ce ne racconta un'altra: Serse è fuggito dalla battaglia, è tracotante ma anche codardo e questo va nascosto.
Alla tragedia politica fa seguito la tragedia familiare. Tutta la verità viene svelata da un messaggero, intenso e molto bravo Gianluigi Fogacci, Serse lo ucciderà perché taccia per sempre; un Nicolas Zappa, impetuoso lo definisce la madre, cioè del tutto isterico.
In scena per questa "prima nazionale" c'è un trono vuoto circondato da scudi, archi, lance. Ma poi viene evocato lo spirito di Dario, padre di Serse, e Giuseppe Pambieri domina su tutti, proprio come il personaggio che interpreta. Dario è la saggezza, il rispetto del nemico e la pietà per la regina Atossa, un'angosciata Micol Pambieri, che vede crollare il regno e il figlio. Bene anche per Sergio Basile, nel ruolo del corifeo.
Si replica oggi e domani a Segesta, alle 19,30.
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