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Assoluzioni per strage Corinaldo, manca il nesso causale

Assoluzioni per strage Corinaldo, manca il nesso causale

Giudice, motivazioni nel processo ai membri della Commissione

ANCONA, 18 settembre 2024, 19:26

Redazione ANSA

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Depositata ad Ancona la motivazione della sentenza con cui la giudice Francesca Pizii aveva assolto dalle accuse più gravi di omicidio colposo plurimo e disastro colposo, i sei membri della commissione di pubblico spettacolo, in relazione alla morte di sei persone - cinque minorenni e una madre 39enne - nella discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo (Ancona) la notte tra il 7 e l'8 dicembre del 2018. Le condanne, per gli amministratori e responsabili della sicurezza, erano arrivate solo per falso, con pene che comprese tra un anno a un anno e due mesi di reclusione, ma tutte sospese per i benefici di legge.
    In sostanza, nelle 176 pagine della sentenza per il processo bis sulla strage, la giudice spiega che non c'è stato un nesso causale tra le omissioni contestate e i tragici fatti: dopo spruzzi di spray al peperoncino nel locale, da parte di una banda di giovani della Bassa modenese che rubava catenine, si scatenò il fuggi fuggi e le vittime furono schiacciate dalla calca vicino all'uscita esterna numero tre, dopo il cedimento di una balaustra arrugginita.
    "Non hanno incidenza causale - si legge in uno dei passi della motivazione - le omissioni rilevate a carico dei componenti della commissione di vigilanza sia nel 2017 che, tanto più, nel 2014"; "non può ritenersi dimostrato con lo standard probatorio necessario per addivenire a un giudizio di responsabilità penale il necessario nesso di condizionamento tramite le omissioni rilevate, dunque tra il comportamento in violazione della regola cautelare e gli eventi contestati ai capi di omicidio colposo plurimo e disastro colposo della rubrica di incolpazione".
    Il procedimento riguarda le questioni amministrative della vicenda, e in particolare la responsabilità sulla sicurezza del locale e ai permessi che portarono la commissione di pubblico spettacolo presieduta dall'ex sindaco Matteo Principi a rilasciare la licenza per la discoteca.

   Gli imputati, oltre a Principi, erano Massimo Mamma (responsabile Suap), Francesco Gallo (ex area vasta 2 per l'Asur), Rodolfo Milani (vigile del fuoco), Massimiliano Bruni (esperto di elettronica) e Stefano Martelli (polizia locale): secondo il tribunale sarebbero responsabili di omissioni nel loro operato ma senza un nesso casuale con le morti della discoteca. Un evento, si legge nella motivazione, derivato "esclusivamente dalle cause sopravvenute e da individuarsi nella diffusione dello spray al peperoncino, all'eccessivo sovraffollamento consentito e ricercato dai gestori all'interno del locale in occasione della serata".
    La ricostruzione dell'evento "restituisce la descrizione di una dinamica autonoma - motiva la giudice - del tutto avulsa da una incidenza casuale delle criticità della rampa esterna all'uscita di sicurezza S3, della conformazione dei gradini e della strutturazione delle stesse balaustre, così come al pari delle problematiche di illuminazione e delle ricadute in termini di parametri di affollamento e della presenza di strutture abusive interne al locale".
    In merito al sovraffollamento di quella notte nel locale, più di mille persone in una sala autorizzata per 459, la sentenza recita: "è evidente l'irrilevanza di una sia pur avvenuta determinazione scorretta in aumento del limite di capienza da parte della commissione di vigilanza".
    L'evento di evacuazione di emergenza nella discoteca si associa, secondo la giudice, a tutta una serie di caratteristiche concrete tale da "escluderlo dal novero degli eventi prevedibili dai membri della commissione di vigilanza ed inevitabili mediante il rispetto degli obblighi previsti a loro carico".

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