(di Federica Acqua)
Oltre dieci minuti di applausi
accompagnati da ovazione hanno accolto ieri sera all'Arena
Sferisterio di Macerata la nuova produzione della Norma di
Bellini, seconda opera in cartellone dopo Turandot del 60/simo
Macerata Opera Festival.
Un entusiasmo che aveva accompagnato con battimani a scena
aperta anche l'esecuzione delle arie più significative
dell'opera, premiando un cast al debutto nei ruoli principali
del titolo; a partire dall'affiatamento dei due soprani Marta
Torbidoni, una Norma eccellente in voce e recitazione
dall'inizio alla fine, e Roberta Mantegna (Adalgisa), che ha
fornito col tenore Antonio Poli (Pollione) una prova d'insieme
equilibrata e coinvolgente che ha incantato il pubblico.
A contribuire al successo, oltre alla brillante direzione
orchestrale di Fabrizio Maria Carminati sul podio della Form, e
alle prestazioni di Riccardo Fassi (Oroveso), Carlotta Vichi
(Clotilde) e Paolo Antognetti (Flavio), c'è stata la regia di
Maria Mauti, minimale e metafisica che ha lasciato spazio alle
voci, creando, grazie ai movimenti dell'apprezzato Coro Lirico
Marchigiano Vincenzo Bellini e dei figuranti, veri e propri
quadri viventi finalizzati ad illustrare i momenti salienti
della narrazione.
Scritta nel 1831 e ambientata in Gallia al tempo dei Romani,
l'opera racconta la storia della sacerdotessa druidica Norma che
infrange i voti di castità, intrattenendo una relazione da cui
nascono due figli col proconsole invasore Pollione, amante a sua
volta di Adalgisa, ministra del tempio la quale, ignara di ciò,
confessa la sua colpa a Norma. Questa, dapprima la scioglie dai
voti ma poi, scoperto chi è l'amante, pensa di punirlo uccidendo
i propri figli. Ma è incapace di compiere questo atto e,
sostenuta dall'onestà di Adalgisa, con la quale instaura un
rapporto di sorellanza suggellato da meravigliosi duetti, decide
di confessare facendosi giustiziare. Tutto ciò, non senza aver
provocato prima una guerra coi romani, seguita nella morte da un
Pollione ravveduto che torna ad amarla.
Nell'allestimento maceratese, Mauti pone sul muro dello
Sferisterio una luna dal diametro di sei metri (Casta diva) ad
illuminare metafisicamente la vicenda che si svolge al di sotto,
dove delle scale semoventi ispirate a quelle della villa museo
Malaparte a Capri, scandiscono i momenti salienti del dramma
creando un'atmosfera sospesa e senza tempo. I movimenti dei
figuranti ieratici e rituali, come quelli degli interpreti,
concorrono ad accentuare quest'allucinata fissità, e alla luna
salendo una scala (e non sul rogo come nel libretto) torneranno
come ad una madre i due amanti uniti nella morte. Una regia
astratta, sostenuta visivamente dai costumi scuri e lineari
ispirati alle tuniche romane di Nicoletta Ceccolini che si
accendono di rosso e d'arancio per Norma e Adalgisa. Scene di
Gargés - De Seta - Bonet Arquitectes in collaborazione con
Carles Berga, video di Lois Patino, luci di Peter van Praet.
Repliche il 26 luglio, 4 e 9 agosto.
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