"Qui stiamo vivendo una doppia
desertificazione, e dopo quella delle zone meno centrali anche
nel centro vediamo una desertificazione commerciale. Non si può
pensare che tutto continui a chiudere e non ci sia nessuna
responsabilità, che sia solo una congiunzione astrale". A dirlo
Silvia Salis, candidato sindaco del centrosinistra, che ha
partecipato al presidio dei lavoratori del Moodys di
Piccapietra. "Qui ci sono lavoratori che, giustamente, non
vogliono che il Moody diventi un posto di desolazione, dove i
dipendenti sono costretti a scegliere se smettere di lavorare e
perdere uno stipendio o trasferirsi per un part-time in un'altra
città. Sono persone che hanno famiglie, che hanno realtà
consolidate a Genova". Ma per Salis il problema è complesso.
"Basta girare di pochi gradi il nostro volto e vediamo un'altra
realtà che è chiusa da 6 anni, la Rinascente, per la quale non
ci sono certezze, non si sa quello che succederà - ha detto
Salis -. Questa è la situazione di Genova. Nei giorni scorsi ero
da Giglio Bagnara e c'era la stessa situazione. Nel centro, che
è il luogo dove dovrebbe esserci più fermento, dove le persone
lavorano e vivono la loro quotidianità, sta chiudendo tutto e
gli investimenti non sono stati gestiti in alcun modo dal
comune. Anche Elena Mirò se ne andrà e quindi quando anche i
marchi che hanno realtà consolidate in tutto il Paese decidono
di andarsene, è il segnale più triste: non trovano attraente
stare a Genova, una città che non attrae investimenti di alcun
tipo. Bisogna che qualcuno si assuma questa responsabilità. Il
Comune deve mettersi in condizione di vigilare sui vari passaggi
di proprietà e su quello che succede alle grandi realtà
cittadine che coinvolgono così tanti lavoratori e poi deve fare
un piano per attirare investimenti, che non possono solo essere
investimenti privati per grandi opere strutturali, che molto
spesso sono di dubbia utilità. Servono soluzioni complesse per
problemi complessi: per tornate ad attirare gli investimenti a
Genova, non basta alzare il telefono oppure dire "Siamo quelli
del fare", perché puoi fare bene o puoi fare male, come stanno
dimostrando le cose".
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