A guidarlo c'era una persona cieca dalla nascita, Michele Renà, ed è grazie alle sue indicazioni che un gruppo ha potuto capire le difficoltà dei ciechi e degli ipovedenti, partecipando alla 'Cena al buio'. Una delle tante iniziative di questo tipo è stata organizzata dall'associazione 'L'incontro' di Cerro Maggiore, fondata dai genitori di Mario Rampini, non vedente e con disabilità, che mira a progetti di accoglienza e sostegno in favore delle persone fragili.
A descrivere la 'Cena al buio' di Cerro, a cui ha partecipato, è un altro Michele, Fagnani, sull'ultimo numero del Bullone, mensile dell'omonima fondazione non profit che, attraverso il coinvolgimento e l'inclusione lavorativa dei B.Liver, ragazzi che hanno vissuto o vivono ancora il percorso della malattia, promuove la responsabilità sociale di individui, organizzazioni e aziende.
"La cena al buio - spiega Michele Fagnani - viene chiamata anche esperienza sensoriale, perché svolgendosi in un ambiente totalmente oscurato, la vista viene completamente annullata e si fa spazio agli altri sensi. È un'occasione unica per conoscere da vicino la quotidianità di una persona cieca o ipovedente e le difficoltà con cui si deve misurare". Il primo insegnamento di Michele Renà "è stato quello di utilizzare con prudenza e lenti movimenti, il tatto, "per capire cosa ci fosse intorno a noi, dalle posate ai bicchieri di diversa foggia e utilizzo, dalle bottiglie con acqua frizzante o naturale e di vino, ai cestini di pane.
Un trucchetto che Michele - racconta Fagnani - ci ha consigliato per evitare di inondare la tavola con le bevande, è stato di contare al massimo fino a tre durante il riempimento del bicchiere. Non tutti ovviamente ci sono riusciti!" Si è poi passati alle portate di cibo, "occasione per amplificare le nostre capacità olfattive e di gusto. Senza vedere cosa c'è nel piatto, viene annullata l'appetibilità che gli occhi ci trasmettono. Uno dei divertimenti di queste cene, infatti - continua Fagnani - è di indovinare gli ingredienti presenti nelle pietanze, dall'odore e dal gusto. La prima portata era un ottimo risotto, che mi ha messo un po' in difficoltà nel raccoglierlo con il cucchiaio senza poter vedere nulla e dopo alcuni tentativi conclusi con l'ingestione di sola aria, mi sono affidato ai miei aiutanti, anche loro impegnati nell'arduo compito di pescare dal mio piatto e portarlo poi fino alla mia bocca!".
Con la seconda portata, osserva, "è andata decisamente meglio, perché con la forchetta è stato più semplice afferrare i bocconcini di carne e verdura. Si è conclusa la cena con una torta da mangiare con le mani e così il coefficiente di difficoltà è sceso, anche se lo sbriciolamento è stato impossibile da evitare! Nel mezzo delle portate Michele ci ha intrattenuto con indovinelli, ma soprattutto, essendo un provetto tastierista, ci ha invitati a cantare motivetti famosi.
Complice l'annullamento della vista, ricorda Cagnani, "ci siamo sentiti più liberi di aprirci e così si è cantato tutti insieme a squarciagola brani di Vasco e Max Pezzali. Qualcuno ha anche ballato, pestandosi ovviamente i piedi! A fine cena e a luce riaccesa, Michele ci ha insegnato come funziona l'alfabeto Braille e come giocare a carte. Qualcuno potrebbe obiettare che il buio fa paura: io posso dire che dopo qualche minuto di adattamento, il fatto di non vedere diventa quasi una sfida e dà una motivazione in più a far bene quello che si sta facendo. A volte, la vista ci può anche ingannare, magari facendoci dare un giudizio affrettato su una persona o su evento senza conoscerli approfonditamente. È un invito a rallentare, a concentrarci meglio e ad ottenere risultati migliori. Provateci perché un'esperienza così può solo regalare emozioni e vita!"
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