(di Alessandra Baldini)
Maurizio Cattelan e Giuseppe Penone. Le mostre di primavera in gallerie blue chip di New York come Gagosian e Marian Goodman sono di grandi artisti contemporanei italiani, con un retroterra italiano anche nell'installazione aperta da martedì prossimo sulla terrazza del Met: temi come la perdita della casa, le migrazioni, la guerra e la storia sono al centro dell'opera di Petrit Halilaj, il kosovaro vissuto a lungo a Bozzolo nel mantovano che firmerà uno degli appuntamenti di primavera più di successo del museo. La mostra di Cattelan intitolata Sunday partirà il 30 aprile da Gagosian: il tema è la violenza delle armi da fuoco declinata su 64 pannelli di acciaio placcati in oro 24 carati (tutti in vendita) che riflettono l'immagine dello spettatore a sua volta crivellato di colpi in un caleidoscopico gioco di specchi.
"Bellezza, lusso e violenza" è come il padovano trapiantato a New York ha descritto al New York Times il suo ultimo sforzo creativo. Cattelan ha paragonato l'installazione dei pannelli, ciascuno il peso di un bambino di dieci anni, al muro davanti a cui vengono messi i condannati alla fucilazione.
"Oro e armi sono il sogno americano", ha aggiunto nella rara intervista l'autore di La Nona Ora e America (il wc funzionante di oro massiccio installato nell'anno dell'elezione di Donald Trump al Guggenheim) sottolineando che la violenza, "non quella finta dei film, ma la barbarie delle sparatorie di massa, degli omicidi e delle guerre sono ora parte della cultura pop". Mani, terra, luce, colori sono il tema della mostra di Penone dal 3 maggio da Marian Goodman con foto, sculture e opere su tela imperniate sulla nozione del tatto. Tra le creazioni più recenti è la serie Impronte di Luce (Imprints of Light), del 2023, in dialogo con Le Corbusier, in cui impronte di corpi e forme astratte appaiono sia antropomorfe che vegetali.
Uomo e natura, pace e guerra sono al centro del lavoro del 37enne Halilaj che alla fine degli anni Novanta vide con occhi di bambino gli orrori del conflitto dei Balcani, e che per il Met ha creato un'opera le cui radici sono nella sua esperienza di piccolo profugo negli anni seguiti al crollo della ex Jugoslavia, ma anche nel viaggio degli ultimi due anni che lo ha portato a tornare in Kosovo e poi i paesi come Albania, Montenegro, Slovenia, Croazia, Bosnia e Serbia: "Tutti paesi di cui prima avevo molta paura", ha detto a Vogue.
Per una mostra di due anni fa alla Tate St. Ives in Cornovaglia, Halilaj aveva preso spunto dai 38 disegni fatti a 13 anni sotto la guida di uno psicologo mantovano, Giacomo 'Angelo' Poli, per dar vita a un'installazione in cui immagini bucoliche di piante e animali si contrapponevano a quelle brutali dei soldati in guerra.
Poli, con il Comune di Cremona, fu poi il tramite che consentì a Petrit di frequentare l'unico liceo artistico del Kosovo. Da lì, a 18 anni, Halilaj approdò a Brera, sempre sotto l'ala tutelare di Bozzolo, il paesone di 4000 abitanti in provincia di Mantova dove abita la famiglia Poli e dove lui ha a lungo fatto capo.
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