(di Francesca Pierleoni)
Nella serie per Sky dal suo
romanzo, vincitore del Premio Strega, su Mussolini 'M. Il figlio
del secolo' (Bompiani), "ho fiancheggiato la scrittura della
serie fin dal principio. Quando si cedono i diritti o si cercano
di prendere più soldi possibile e ci si ritira sull'Aventino
della propria coscienza da letterato per poi alla fine dire 'non
mi piace' o si cerca di collaborare". Lo spiega Antonio Scurati
parlando del progetto in 8 puntate, prodotto da Sky Studios e da
Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, (società del gruppo
Fremantle) in collaborazione con Pathé, in arrivo nel 2024,
diretto da Joe Wright con Luca Marinelli protagonista.
L'occasione per parlarne è il panel 'Letteratura e serialità' di
cui lo scrittore è stato protagonista con Valeria Golino e
Giancarlo de Cataldo nel corso della seconda giornata di Sky 20
anni, evento organizzato dalla piattaforma digitale satellitare,
in occasione del proprio ventennale, dal 2 al 4 ottobre al
Museo nazionale romano nelle Terme di Diocleziano di Roma.
In questo caso "per me il dilemma era molto forte, perché
scrivendo la storia di Mussolini, dalla prospettiva di
Mussolini, ci sono delle implicazioni etiche, politiche,
ideologiche molto forti" sottolinea. "Provengo da una cultura e
una formazione antifascista, che rivendico anche se il mondo
sembra andare in un'altra direzione". Quando Scurati ha deciso
di scrivere il romanzo, "non volevo creare un meccanismo che
creasse empatia o simpatia col protagonista. Mi sono detto che
per farlo dovevo proibirmi elementi come come dialoghi fittizi,
personaggi fittizi, scene inventate, introspezione per far
sentire cosa provasse Mussolini in quel momento. Sembrava un
percorso ad handicap ma il risultato è una forma di narrazione
che sembra avere una sua forza". Quando si fa una trasposizione
è "quasi impossibile non creare empatia. Così ho scelto di
provare a collaborare, di dare il mio contributo nelle varie
fasi, non sempre in maniera pacifica ma stimolante". Avendo
visto nel montaggio provvisorio le prime quattro puntate "ho
tirato un grande sospiro di sollievo. Non so se neanche dire se
a me piace tutto perché sono troppo coinvolto, ma sicuramente è
un'opera di livello cinematografico e artistico altissimo e di
una potenza narrativa straordinaria".
Nella trasposizione "il regista Joe Wright e gli
sceneggiatori che ho lateralmente affiancato hanno seguito un
gioco in tre mosse, creando un personaggio, straordinariamente
interpretato da Luca Marinelli qui quasi irriconoscibile, che
sicuramente stimola la partecipazione emotiva dello spettatore,
in ciò che vive e sente questo farabutto e cialtrone
formidabile; però quando ti avvicini molto ti raggela, ti
agghiaccia, ti provoca orrore". In questa tensione la
trasposizione "ha ereditato l'impegno etico che era del
romanzo". Quando "rappresenti il male e soprattutto come ha
segnato e continua a segnare la storia, devi portare lo
spettatore nella gabbia ma poi devi portarlo anche fuori: se il
leone ti sbrana non hai fatto un buon servizio".
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