Intorno a questa generosa linfa un
tempo, almeno fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, anche
in alcune zone della Calabria si reggeva un'intera economia.
Adesso, dopo oltre mezzo secolo di oblio, la manna, resina
naturale e commestibile estratta, oggi come allora, con delle
incisioni applicate sulla corteccia dei frassini, potrebbe
vivere una stagione di riscoperta e di rilancio.
Chi non nutre dubbi in proposito è l'etnobotanico Carmine Lupia
che, alla guida del Conservatorio Etnobotanico Mediterraneo di
Sersale e dell'analoga struttura attiva da più tempo a
Castelluccio in Basilicata, lavora da tempo per restituire
dignità a quello che in passato era considerato un prodotto di
eccellenza per una vasta area geografica posta all'estremità
meridionale della penisola italiana.
Dopo anni di ricerche e studi condotti sulle tecniche di
estrazione della manna dal frassino adesso affiorano i primi
risultati. E paiono più che incoraggianti. Scientificamente la
resina naturale liquida che si solidifica a contatto con l'aria
e che, come riporta la Bibbia, venne miracolosamente donata da
Dio agli Israeliti durante la traversata del deserto, è
classificata come un essudato zuccherino costituito
principalmente da mannite, acidi organici, acqua, glucosio,
fruttosio, mucillagini, resine e composti azotati e zucchero.
Attualmente la manna è prodotta quasi esclusivamente in
Sicilia, nei territori di Castelbuono e Pollina, ai piedi delle
Madonie ad un'altezza che oscilla tra i 100 e 700 metri estratta
dai frassini, essenze arboree generalmente coltivate in
consociazione con l'ulivo, il mandorlo e il fico d'india. La
superficie utilizzata è di poche migliaia di ettari e la
produzione è favorita dal clima particolarmente mite che, con
elevate temperature estive e scarse escursioni termiche facilita
l'emissione e l'indurimento della manna nel momento
dell'estrazione. In quella porzione dell'isola resiste, inoltre,
l'ultima generazione di frassinicoltori che mantiene in vita il
prezioso patrimonio colturale e culturale legato al mondo
dell'antico mestiere dello "ntaccaluòru" o del mannaluòro (in
Calabria, quanti si occupavano della raccolta della manna,
almeno fino agli anni Cinquanta, in dialetto venivano chiamati
'mannisi'). Storicamente la coltivazione del frassino da manna
risale presumibilmente alla dominazione islamica (IX-XI secolo
d.C.). Il primato della produzione in Sicilia risale alla
seconda metà dell'Ottocento. Quella calabra, comunque, era
considerata un'eccellenza non solo in Italia ma un po' in tutta
Europa.
La produzione della manna, che si concentra tra i mesi di
luglio e agosto, offre un buon reddito rispetto al passato: ogni
chilo ha un costo superiore a 200 euro, e il prezzo è sempre in
crescita.
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