C'era una volta la Festa del papà, celebrazione dedicata ai padri e al loro ruolo nella famiglia e nella società, il 19 marzo, festa di San Giuseppe, figura archetipica di ‘capofamiglia’ che bada soprattutto al sostentamento economico della famiglia col suo lavoro e quindi non si occupa dei suoi bambini direttamente. Un ruolo che da tempo è cambiato così come sono cambiate le famiglie. I padri sono più attenti agli aspetti emotivi dei figli ma la società richiede loro una mole di impegno lavorativo elevato e stressante. I papà però hanno bisogno di stare con i propri bambini per lavorare meglio e i loro cuccioli hanno bisogno di ‘padri coinvolti’ per crescere emotivamente più sereni. I nuovi padri lo reclamano con maggiore forza rispetto ai genitori delle generazioni precedenti chiedendo anche maggiori permessi e congedi parentali. Adesso gli effetti del coinvolgimento paterno e della relazione lavoro-figli sono stati studiati in una corposa ricerca fatta dai ricercatori della University of Illinois, pubblicata i giorni scorsi su Family Relations – Interdisciplinary Yournal of Applied Family Science. I benefici di essere padri emotivamente coinvolti con i propri bambini sono reciproci, per un ‘effetto spillover’ riconosciuto dagli psicologi che ‘travasa’ gli effetti positivi sia ai bebè che ai papà.
Una migliore comunicazione e attività condivise e dunque un maggiore divertimento e soddisfazione derivanti dalle interazioni padre-figlio, potrebbe infatti ridurre i livelli di stress sul lavoro dei papà aumentando la loro motivazione a impegnarsi e migliorando anche la loro soddisfazione lavorativa grazie alla diminuzione dello stress genitoriale.
Insomma i figli che condividono il tempo con i padri danno maggiore forza sul lavoro agli stessi papà dando loro più equilibrio e serenità. Tutto questo richiederebbe un cambio di passo sulle politiche del lavoro affinché entrambi i genitori abbiano la possibilità di avere modalità di lavoro flessibili, congedi e programmi di supporto, dicono gli autori dello studio.
“Papà meno stressati e più soddisfatti sul lavoro incidono sulla ‘genitorialità positiva’, migliorando il rapporto con i loro figli e le loro abilità socio-emotive ma ha anche effetti positivi sul rendimento dei padri nel campo professionale, con migliori risultati e traguardi raggiunti, - spiegano gli autori dello studio. - Al contrario esperienze lavorative negative per i padri, come turni straordinari e imprevedibili, carichi di lavoro pesanti e orari di lavoro più lunghi, influenzano negativamente le loro interazioni con i figli e limitano la loro disponibilità nei confronti dei propri bambini. Anche i padri che affrontano una scarsa soddisfazione lavorativa ed esperienze lavorative negative possono essere gravati da stress ed emozioni avverse. Questo è correlato con maggiori problemi socio-emotivi nei più piccoli e con comportamenti più a rischio negli adolescenti, oltre che con un livello più elevato di stress nei padri”.
Quale regalo migliore, dunque, per la festa del papà se non quello di un ruolo meno pressante sul lavoro e di un maggiore coinvolgimento con i propri bambini? “Per molti genitori, conciliare i ruoli familiari e lavorativi può essere difficile e, oltre alle madri, ora si guarda anche ai padri che dovrebbero essere sia ‘lavoratori ideali’ così come richiede tradizionalmente la società, che “padri coinvolti”. Trovare un equilibrio tra la famiglia e gli altri ambiti della vita, come il lavoro, è un compito impegnativo. I padri che traggono soddisfazione dal proprio lavoro possono avere più energia, risorse, autostima e maggiore autoefficacia per impegnarsi con i propri figli, influenzandone positivamente la crescita socio-emotiva. “Senza dimenticarci dell'insicurezza lavorativa e finanziaria che colpisce molte famiglie e che porta all'insoddisfazione sul lavoro, tanto da far sentire i padri inadeguati in famiglia e questa percepita inadeguatezza può abbassare la loro autostima e autoefficacia, influenzando successivamente il loro coinvolgimento come padri attivi e impegnati, con un impatto indiretto sullo sviluppo dei loro figli”.
Lo studio si è concentrato sul ruolo dei padri e non ha considerato l'arcinoto stress che le madri lavoratrici vivono nella doppia gestione dei compiti professionali e di accudimento della famiglia e perciò non è completo, per stessa ammissione degli autori che si augurano "nuove future indagini che potrebbero includere anche la percezione o la soddisfazione delle madri rispetto al lavoro dei padri".
Come permettere ai genitori un maggiore coinvolgimento in famiglia? "Il nostro studio sottolinea le implicazioni in ambito dell’educazione familiare e delle politiche sul posto di lavoro. E’ necessario sostenere programmi per entrambi i genitori, non solo per le madri ma coinvolgere attivamente anche i padri, educandoli a conciliare lavoro e famiglia" concludono gli autori dello studio che propongono nuove iniziative educative familiari che possano includere l’educazione sulla gestione del tempo, sulla gestione dello stress e sulle capacità di sviluppo del bambino ed il ruolo essenziale delle politiche sul posto di lavoro anche in rapporto alle dinamiche familiari e nello sviluppo dei bambini.
“Il cambiamento delle aspettative sociali vede padri con nuove esigenze di bilanciare le responsabilità professionali con la partecipazione attiva alla vita familiare. Alla luce di ciò, i luoghi di lavoro devono adottare strategie flessibili e di sostegno che riconoscano il duplice ruolo dei dipendenti come professionisti e genitori. Politiche favorevoli alla famiglia, come modalità di lavoro flessibili, congedo di paternità e fornitura di strutture per l’infanzia o programmi di assistenza ai dipendenti, possono essere attuate per migliorare il benessere dei genitori e dei loro figli".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA