"Da quando sono fuggito dall'Iran
(a maggio, ndr) sono successe così tante cose che forse ho perso
la coscienza del tempo. Sono molto lieto di essere qui, ma
alcuni miei collaboratori sono ancora là e tutte le mattine mi
sveglio chiedendomi cosa stia succedendo in Iran...". Lo dice
con la voce che si spezza per la commozione il regista iraniano
dissidente Mohammad Rasoulof, arrivato al Locarno Film Festival
dove presenta in Piazza Grande The seed of the sacred fig (Il
seme del fico sacro), racconto da una prospettiva famigliare e
sociale della rivoluzione delle donne nel suo Paese, con cui ha
vinto quest'anno il premio speciale della giuria al Festival di
Cannes.
Il cineasta mette al centro Iman (Missagh Zareh), da poco
nominato giudice istruttore della Corte rivoluzionaria di
Teheran, e la sua famiglia, la paziente moglie Najmeh (Soheila
Golestani) e le figlie Rezvan (Mahsa Rostami) e Sana (Setareh
Maleki). Nel pieno della Rivoluzione delle donne (una protesta
in cui credono anche le figlie) Iman una mattina in casa non
ritrova più la sua pistola che ogni sera mette in un cassetto in
camera da letto. È un incidente che potrebbe rovinargli la
carriera e l'uomo, convinto che prendere l'arma sia stata una
componente della famiglia, diventa sempre più paranoico e
pericoloso verso Najmeh e le figlie, arrivando ad utilizzare gli
stessi metodi che utilizza contro le persone finite in arresto.
"Quando ho messo in cantiere il progetto non ho pensato che
sarebbe stato il primo film sulla rivoluzione delle donne -
spiega il cineasta, condannato più volte negli anni dal regime
iraniano per il suo cinema di denuncia girato in maniera
clandestina -. L'idea è nata quando ero in prigione con Panahi e
altri registi e fuori era nel pieno il movimento. Una volta
uscito ho fatto ricerche su quanto stesse succedendo e ho unito
a quell'elemento anche la mia conoscenza del sistema giudiziario
iraniano, l'intersezione di queste esperienze mi ha portato a
sviluppare la sceneggiatura".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA