C'è una minaccia silenziosa e spesso
invisibile che si aggira tra le onde: si tratta delle cosiddette
"Ghost Nets", le "reti fantasma" utilizzate per la pesca che
vengono abbandonate o perse in mare e rappresentano una delle
forme più insidiose di inquinamento marino. Nell'ambito del
progetto Mer (Marine Ecosystem Restoration) finanziato dal Pnrr,
Ispra, insieme a Rtc Ghost Nets (composto da Castalia, Conisma e
Marevivo), ha dato il via alle procedure per ripulire le acque
da queste attrezzature in 20 siti lungo le coste italiane di
Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, Puglia, Marche,
Emilia-Romagna e Veneto. Il piano, che include la rimozione, la
raccolta, il trasporto, lo smaltimento e il riciclo delle "reti
fantasma", andrà avanti fino al 30 giugno 2026.
I dati Ispra mostrano che l'86,5% dei rifiuti in mare è
legato alle attività di pesca e acquacoltura e il 94% di questi
sono reti abbandonate, alcune lunghe addirittura chilometri. Le
"Ghost Nets" sono pericolosissime: le praterie di Posidonia
oceanica vengono danneggiate per effetto fisico
dell'ombreggiamento e dell'abrasione meccanica del fondale che
uccide e strappa le piante, molte specie vengono soffocate a
causa dell'eccessivo accumulo di sedimenti. Anche le specie
animali subiscono un danno perché le attrezzature da pesca perse
in mare continuano a catturare milioni di pesci, mammiferi,
tartarughe, grandi cetacei e persino uccelli in modo non
selettivo e indiscriminato, senza il controllo umano, colpendo
quindi anche specie minacciate e a rischio. Una volta
intrappolati dalle reti fantasma, non sono in grado di muoversi
morendo per fame, infezioni e lacerazioni. Si stima che da sole
le reti fantasma catturino circa il 5% della quantità di pesce
commerciabile a livello mondiale.
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