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Responsabilità editoriale di ASviS
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La crescente concentrazione della ricchezza in mano a pochi individui richiede azioni concrete di politica fiscale. Solo così sarà possibile mitigare le disuguaglianze e sostenere una crescita più inclusiva. Lo dichiara il rapporto “Taxation and Inequality”, pubblicato dall’Ocse e commissionato dalla presidenza brasiliana del G20 in occasione della riunione dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali del G20 dello scorso luglio.
Dal report emerge una tendenza che attira sempre più l’attenzione della politica e della società civile: i più abbienti diventano sempre più ricchi. Si stima che tra il 1995 e il 2022 la ricchezza posseduta dallo 0,001% degli individui sia raddoppiata, passando dal 3,3% al 6,9%. Questo significa che la ricchezza dello 0,001% è circa 20 volte maggiore rispetto al 50% della popolazione più povera. In molti Paesi, evidenzia il Rapporto, la ricchezza è concentrata in mano a pochi. La quota di ricchezza posseduta dall'1% degli individui più ricchi nei vari Paesi varia da poco meno del 15% a più del 50%. Tra i Paesi analizzati, il Sudafrica ha il livello più alto di concentrazione della ricchezza, dove l'1% della popolazione detiene il 54,4% della ricchezza totale. Al contrario, nei Paesi Bassi, l’1% della popolazione detiene “solo” il 13,1% della ricchezza.
Nel dibattito sulle imposte e le disuguaglianze, si assiste a una crescente attenzione verso i soggetti con maggiore ricchezza, perché numerose evidenze dimostrano che gli oneri fiscali diminuiscono nella fascia più alta. Proprio su richiesta della presidenza brasiliana del G20, l’Eu tax observatory aveva elaborato un rapporto con la proposta di uno standard coordinato a livello internazionale capace di garantire una tassazione efficace dei patrimoni ultra elevati.
Alcuni elementi, osserva l’Ocse, concorrono a esacerbare le disuguaglianze: aliquote fiscali più basse, esenzioni e detrazioni per categorie di reddito e patrimonio, trattamento fiscale favorevole del reddito da capitale rispetto al reddito da lavoro e tassazione favorevole di alcune attività ad appannaggio dalle famiglie più ricche. Le imposte progressive sui redditisono lo strumento più utilizzato e diffuso in molti Paesi, con differenze sostanziali. Nelle nazioni a basso e medio reddito, la scarsa quantità delle entrate limita la capacità di fornire politiche redistributive. Il miglioramento dell'equità richiede un aumento delle entrate fiscali complessive, attraverso la crescita economica, il rafforzamento dell'economia formale e la maggiore applicazione delle leggi per prevenire l'elusione e l'evasione fiscale.
Rafforzare i sistemi fiscali, sottolinea il Rapporto, migliorando l’efficacia delle tassazioni per i redditi più alti e la ricchezza, può influenzare positivamente la percezione di equità fiscale, contribuendo a rafforzare l’adempimento volontario degli oneri stessi. La collaborazione fiscale internazionale può consentire ai Paesi di implementare in modo più efficace le proprie politiche fiscali nazionali. I progressi nella trasparenza fiscale internazionale, in particolare con il Common reporting standard, hanno rafforzato l'efficacia della tassazione nazionale e offrono ai governi nuovi margini per tassare il capitale.
Per aiutare a informare i decisori politici sulle opportunità legate alla cooperazione fiscale, sarà importante continuare ad analizzare le vulnerabilità dei sistemi fiscali nazionali e internazionali esistenti che potrebbero esacerbare la disuguaglianza e limitare il potenziale di una crescita inclusiva. Inoltre, conclude il Rapporto, potrebbe esserci spazio per costruire aree di intervento in cui la cooperazione internazionale ha già fatto la differenza, come ad esempio la cooperazione sulla trasparenza internazionale, indagando, attraverso sondaggi interni, la portata e il desiderio di ulteriore cooperazione per migliorare l'efficacia delle politiche nazionali.
di Tommaso Tautonico
Fonte copertina: andranik2018, da 123rf.com
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