(di Luciano Fioramonti)
Da fotografo e cineoperatore dell'
esercito degli Stati Uniti partecipò allo Sbarco in Normandia e
fu tra i primi a filmare il campo di concentramento di Dachau
appena liberato guadagnandosi la fama di uno dei fotografi più
decorati della Seconda Guerra Mondiale. Negli oltre cinquanta
anni di carriera ha documentato l' esperienza dei rifugiati
della guerra civile spagnola in Francia, la vita degli ultimi,
dagli immigrati nella Lower East Side della sua New York ai neri
ad Harlem e nel sud Bronx e poi di Haiti. Tra i suoi scatti più
famosi spiccano il soldato in ginocchio sulla spiaggia di Omaha
(1944) e la ragazza sull' altalena (1938). Padova torna a
raccontare Walter Rosenblum ''maestro di fotografia'', dopo la
grande mostra ospitata nel 1999. A comporre il profilo e il
percorso di uno dei grandi narratori per immagini del Novecento
sono oggi le 110 opere, molte delle quali mai esposte prima, che
la Galleria Civica Cavour ospita fino al 4 maggio. "Attraverso i
suoi scatti - scrive Angelo Maggi, il curatore - Rosenblum ha
saputo immortalare l'autenticità dell'esperienza umana,
regalando a noi tutti un messaggio di speranza e resilienza. Il
suo lavoro non si limita a essere una testimonianza del passato,
ma continua a essere una fonte di ispirazione, invitandoci a
vedere il mondo con occhi nuovi e a cogliere la luce nelle
situazioni più oscure''.
Walter Rosenblum era nato a New York nel 1919 e a 18 anni
entrò a far parte della cooperativa Photo League dove conobbe
Paul Strand, uno dei fondatori, suo mentore e amico, e molti
altri fotografi di grido tra i quali Berenice Abbott, Ruth Orkin
e Lewis Hine, Margareth Bourke-White, Dorothea Lange, Eugene
Smith, Robert Frank, Richard Avedon. Fondato nel 1936, il
collettivo accoglieva professionisti impegnati a documentare e
le condizioni della classe operaia e la depressione nell'
America rurale e venne sciolto nel 1951 dopo essere finito nella
lista nera delle organizzazioni sovversive. Della sua esperienza
di guerra resta emblematica anche il suo scatto del 27 giugno
1944 che intitolò ''They fight with cameras'' nel quale è
accanto agli altri quatrro fotografi e operatori del gruppo al
seguito delle truppe sbarcate in Normandia. Più di 50 anni dopo
il regista Steven Spielberg e l' attore Tom Hanks si rivolsero a
lui per avere informazioni su quell' episodio cruciale della
seconda guerra mondiale, reso con grande realismo nel film del
1998 Salvate il soldato Ryan. Lo sguardo di Rosenblum sulla
condizione quotidiana delle persone riesce a cogliere le qualità
umane dei quartieri e dei loro residenti e riflettono
l'approccio socialmente consapevole che è stato il fondamento
della sua carriera. ''Nella mia filosofia il significato della
vita si ricava dalla gente che si è conosciuta e amata. Ho
incontrato la mia dose di persone malvagie e so di che cosa sono
capaci - disse riferendosi anche a quanto aveva visto a Dachau -
ma ho sempre ritenuto che il male non è innato negli uomini e
nelle donne. Resto convinto che in una società solidale
cresceranno solo persone migliori. E' questo lo spirito che mi
ha spinto a fotografare''.
Il grande artista, morto a New York nel 2006, ha svolto anche
una attività didattica intensa e le sue fotografie sono presenti
in oltre 40 collezioni internazionali, incluso il J. Paul Getty
Museum, la Library of Congress, la Bibliothèque Nationale di
Parigi e il Museum of Modern Art di New York. ''La visione
fotografica di Rosenblum - dicono i promotori della mostra,
presentata come la più ampia mai realizzata in Europa - si è
caratterizzata per essere testimone della condizione umana come
di una comunità globale in cui i bisogni fondamentali, i valori
e le aspirazioni esistenziali sono universalmente condivisi.
Rosenblum cercò così di sottolineare la dignità dell'essere
umano, con i suoi soggetti mai semplici vittime, ma persone
integre e complesse, la cui umanità sopravvive intatta malgrado
le circostanze avverse''.
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