"Ogni 8 marzo celebriamo la
Giornata internazionale della donna. Ma oggi, più che mai,
questa data non può essere solo un omaggio, un rituale di
circostanza. Deve essere uno specchio della realtà, un momento
di consapevolezza e di azione. Perché dietro le parole sulla
parità di genere si nasconde ancora una distanza dolorosa tra
ciò che dovrebbe essere e ciò che è": è quanto sottolinea Simona
Meloni, assessora regionale alle Politiche di parità di genere e
antidiscriminazione.
"Basta guardare i numeri per rendersene conto. In Italia e in
Umbria - prosegue, in una nota della Regione - il divario tra
uomini e donne nel mondo del lavoro è ancora un abisso. Secondo
il Rendiconto di genere 2024 dell'Inps, solo il 52,5% delle
donne ha un'occupazione, contro il 70,4% degli uomini. La
percentuale di donne laureate è superiore a quella degli uomini,
ma solo in poche riescono a raggiungere ruoli di vertice a
differenza dei loro colleghi. Quando le donne lavorano, lo fanno
più spesso con contratti precari o part-time, con stipendi
mediamente più bassi del 20%. E quando arriva il momento della
pensione, il divario si allarga ancora di più: meno 44% rispetto
agli uomini. Non è un caso. È il risultato di un sistema che
ancora fatica a riconoscere e valorizzare il contributo
femminile. Troppe donne si trovano di fronte a un bivio
ingiusto: scegliere tra la carriera e la famiglia, tra il lavoro
e la cura dei figli o degli anziani. Un sacrificio silenzioso
che pesa non solo sulle singole lavoratrici, ma sull'intera
economia. Perché quando le donne sono messe nelle condizioni di
lavorare, produrre, innovare, tutta la società ne beneficia".
"Ma non è solo questione di opportunità economiche. L'Umbria
- continua - detiene un altro triste primato: è una delle
regioni con il più alto numero di molestie sul lavoro, tra le
prime per denunce di stalking e violenze. Sono numeri che
raccontano una realtà inaccettabile, fatta di paura,
discriminazione, insicurezza. Una realtà che le istituzioni non
possono più permettersi di ignorare. E allora, che fare? La
risposta non può essere solo indignazione. Servono scelte
politiche coraggiose, investimenti mirati, strumenti concreti
per sostenere le donne in ogni ambito. Serve un'idea nuova, un
modello che vogliamo lanciare ed è fatto di iniziative concrete:
l'Umbria delle donne. Servono risorse, come quelle del Fondo
Sociale Europeo, per incentivare il lavoro femminile e abbattere
le barriere che ancora escludono le donne da settori chiave come
la tecnologia e le scienze. Serve un impegno serio per il
riconoscimento del lavoro di cura, affinché non sia più un peso
che ricade esclusivamente sulle spalle delle donne. L'8 marzo
non deve essere un giorno di sole parole. Deve essere un monito,
un punto di partenza per scelte concrete. Perché il futuro
dell'Umbria, dell'Italia, di ogni società che voglia dirsi coesa
e moderna, passa inevitabilmente dal valore che sappiamo dare
alle donne. Occorre fare un passo in avanti noi, per fare un
passo in avanti come società. Per le donne. Per tutti. Per
un'Umbria più forte e più giusta".
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