Il modello di sviluppo italiano,
basato sulla piccola impresa diffusa è in difficoltà. Le piccole
imprese, che rappresentano numericamente la grande maggioranza
del nostro sistema produttivo (97,4%) e più della metà
dell'occupazione privata (53,8), tra hanno perso peso in termini
di fatturato a vantaggio delle medie e grandi aziende. E' quanto
emerso nel corso della Conferenza nazionale delle Camere di
commercio "Verso il futuro", in corso a Brescia nell'ambito
della fiera FuturaExpo.
Nel 2012 le imprese con meno di 49 dipendenti producevano il 49%
del fatturato mentre nel 2022 il valore era sceso al 42%.
Dall'altra parte, le medie imprese pesavano per il 20% nel 2012
e per il 22% nel 2022, mentre le grandi imprese sono passate dal
32% al 37% .
Questa dinamica, si legge in una nota di Unioncamere,
suggerisce che il Paese si trovi all'interno di un processo di
spostamento della produzione di valore dalle imprese più piccole
a quelle più grandi. In questo nuovo scenario aumenta
l'importanza del ruolo delle Camere di commercio che hanno nella
platea delle piccole imprese il proprio riferimento principale.
"Le complessità di questa fase storica rischiano di
penalizzare fortemente le Pmi del nostro Paese e richiedono
perciò a tutte le istituzioni di moltiplicare gli sforzi",
sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete.
"Registriamo da diversi anni la difficoltà di reperire le figure
professionali più qualificate. Questo colpisce in misura
maggiore le imprese più piccole che fanno fatica ad attirare i
talenti necessari. Inoltre, la tecnologia va veloce e per stare
al passo occorrono investimenti crescenti che sono difficilmente
sostenibili per le Pmi che non fanno parte di reti. Le Camere di
commercio, che sono presenti su tutto il territorio nazionale,
possono aiutare soprattutto le piccole imprese in questo momento
di turbolenze internazionali".
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