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Il migrante della Diciotti: 'Non voglio un risarcimento, ma giustizia'

Il migrante della Diciotti: 'Non voglio un risarcimento, ma giustizia'

'Ci hanno privato della libertà e della possibilità di poter chiedere asilo'

07 marzo 2025, 16:55

Marco Maffettone

ANSACheck
Migrante Diciotti,  'non voglio risarcimento ma giustizia ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Migrante Diciotti, 'non voglio risarcimento ma giustizia ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

 "Voglio solo che sia fatta giustizia". E' la reazione del migrante eritreo che era presente sulla Diciotti e a cui fu impedito assieme ad altri di scendere dalla nave dal 16 al 26 agosto del 2018 commentando la pronuncia delle sezioni unite della Cassazione che hanno accolto la sua istanza con cui chiedeva la condanna al risarcimento del Governo in favore dei profughi. L'uomo oggi vive nel Regno Unito ma fin dal primo giorno si è battuto affinché venissero accertate le responsabilità di chi, a suo dire, aveva leso i suoi diritti fondamentali. "Non mi interessano i soldi - è quanto ribadisce al suo legale, l'avvocato Alessandro Ferrara - ma che si arrivi alla verità su quando accaduto in quei giorni. Su chi ha messo in atto quelle decisioni". Per il migrante quelle furono iniziative "ingiuste".

"Ci privarono della libertà e di potere chiedere asilo - rimarca - senza che avessimo compiuto alcun reato, eravamo e siamo persone innocenti". La decisione della Suprema corte ha scatenato violente critiche da parte del Governo a cominciare da Matteo Salvini, che all'epoca dei fatti era a capo del Viminale. Sulla sentenza degli ermellini taglia corto il legale del cittadino eritreo. "Sono soddisfatto ma amareggiato - afferma - perché studiare in questo Paese è inutile, regna l'ignoranza".

 

Per Ferrara le Sezioni unite si sono "limitate a ribadire principi consolidati". Nella sentenza di 37 pagine i giudici scrivono che "va escluso che il rifiuto dell'autorizzazione allo sbarco dei migranti soccorsi in mare protratto per dieci giorni possa considerarsi quale atto politico sottratto al controllo giurisdizionale". Su questo punto il legale del ricorrente afferma che la Cassazione ha "ancora una volta sancito che un atto politico che lede i diritti fondamentali dell'uomo per definizione non può essere definito tale".

 

Il legale porta proprio il caso del suo assistito. "Se per dieci giorni io sono privato della libertà personale - afferma Ferrara - non potendo scendere dalla nave, subisco un danno ingiusto i cui autori possono e devono essere condannati al risarcimento. In questo non c'è nulla di politico, perché i diritti umani fondamentali sono tutelati a prescindere dalla cittadinanza, al colore della pelle e all'estrazione sociale". L'avvocato che assiste in giudizio il migrante aggiunge, inoltre, che la decisione dei Supremi giudici "non comporta un risarcimento" immediato "ma rappresenta un mero rinvio alla Corte d'Appello di Roma in composizione diversa". Al momento sono due strade le strade percorribili, conclude Ferrara. "O il giudizio viene rimesso all'attenzione del giudice di appello, che dovrà decidere in base ai principi enunciati dalla Cassazione, oppure, trascorsi tre mesi dalla pubblicazione, se la parte interessata non ripropone il giudizio la causa finisce senza alcuna condanna". 

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