(SALVATORE FALZONE, "UN EROE DA
DIMENTICARE. ATTORNO AL MISTERO DI ANTONIO CANEPA", RUBBETTINO,
82 PP., 11 EURO).
Ucciso il 17 giugno 1945 a Randazzo in uno scontro a fuoco
coi carabinieri, il mistero sulla morte di Antonio Canepa
resiste nei decenni. Leonardo Sciascia, a suo agio nelle tenebre
della storia, abbandonò l'idea di scriverne una biografia, dopo
aver raccolto materiali a partire dal '64, definendo il
fondatore dell'Evis, l'Esercito volontario per l'indipendenza
della Sicilia, un personaggio "carico di ambizioni e mitomanie".
Ma lo scrittore di Racalmuto aleggia ancora su questa intrigata
vicenda, se proprio nella collana a lui dedicata, "I quaderni di
Regalpetra", l'editore Rubbettino pubblica (da oggi in libreria)
il testo di Salvatore Falzone, "Un eroe da dimenticare", che
scava intorno alla figura di Canepa, antifascista e teorico del
fascismo, accademico vicino al regime e partigiano, il tutto in
una vita che si è conclusa a 37 anni.
Il lavoro di Falzone, avvocato penalista e scrittore, è anche
un racconto in prima persona su un'indagine in cui persino gli
elementi certi esitano davanti a una figura multiforme che gioca
a nascondersi dietro i suoi proverbiali silenzi o gli eteronimi.
Canepa fu Mario Turri, Jean Sorédan, autore francese di una
biografia sul "pensatore contemporaneo Antonio Canepa", tradotto
in italiano dal "camerata" Federico Vitanza Scotti, cioè lo
stesso Canepa. Il saggista mascherato, tra i ringraziamenti,
cita un certo Guido Colozza, indicato come segretario
dell'indipendentista siciliano. E, nell'estrema strategia
dissimulatoria, Canepa indirizza persino una lettera al
traduttore dell'opera indicando qualche inesattezza del Sorédan.
Vorace lettore, posseduto da una curiosità irrefrenabile,
Capena non disdegnava la meccanica, la tecnica del volo, la
chimica, la fisica, la mineralogia. "Cerca, cerca, cerca. Come
per scoprire qualcosa di semplice e di supremo insieme. Cosa?",
si domanda Falzone, che una certezza pensa d'averla raggiunta,
tra letture e testimonianze, sull'irrequieto uomo di pensiero e
azione. L'occasione gliela dà il racconto del fratello di
Canepa, Luigi, il quale ricorda che nel commentare l'assassinio
di Giacomo Matteotti, nel 1924, Antonio usò queste parole: "Un
governo che ha bisogno di ricorrere a simili mezzi per mantenere
le sue posizioni, è un governo da lottare e da annientare. Costi
quel che costi". E Falzone scrive: "Sì, ne sono certo: fu
proprio l'uccisione di Giacomo Matteotti ad accendere nell'animo
di Canepa quella passione politica che alcuni anni dopo
l'avrebbe ridotto in cenere".
Nonostante Canepa avesse progettato nel 1930 un attentato a
Mussolini, l'autore avanza comunque un dubbio: forse il delitto
Matteotti fu solo il pretesto affinché "l'adolescente dall'aria
un po' adulta, così ossequioso e sorvegliato dai genitori,
cominciasse a manifestare il lato segreto, quasi perverso, della
sua personalità. Se così fosse il 1924 non avrebbe poi grande
importanza. Boh, forse la sola data che conta nella biografia di
Canepa è quella della sua nascita, l'unica capace di dire, senza
spiegarlo, tutto l'enigma di un uomo incomprensibile".
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