Lo stato di crisi del settore
della pesca è stato proclamato oggi dai pescatori di Sciacca
(Agrigento). A farlo, in una lettera indirizzata al ministro
delle Politiche agricole Francesco Lollobrigida e al presidente
della Regione Siciliana Renato Schifani, sono stati i presidenti
delle cooperative "Fra' Pescatori", "Madonna del Soccorso" e
"San Paolo Consulting", che rappresentano armatori e pescatori.
Le coop
chiedono la dichiarazione dello stato di calamità naturale.
"I cambiamenti climatici e il surriscaldamento del mare -
dicono - rendono il Canale di Sicilia sempre meno pescoso, una
tendenza che perdura da diversi mesi, con una situazione ormai
sempre più drammatica e preoccupante".
Le carenze riguardano varie tipologie ittiche: dal gambero al
pesce azzurro. Ma si pescano anche sempre meno merluzzi,
triglie, polpi, totani e calamari. "La crisi del gambero -
aggiungono i rappresentanti dei pescatori - rischia di avere
ripercussioni gravissime, considerato che per la marineria di
Sciacca, quando le cose andavano bene, questo esemplare di pesce
da solo rappresentava il 40% del pescato totale. Conseguenza:
gravi diminuzioni di prodotto giornaliero e, conseguentemente,
di fatturato".
Non va meglio con il pesce azzurro, a partire da alici e
sarde: il pescato è in netto calo. I responsabili delle
cooperative di pescatori parlano di "strani fenomeni di carenza
oltre che di ritardo nella crescita". Situazione che si sarebbe
aggravata nelle ultime settimane. "Tutto questo - aggiungono -
riguarda non solo Sciacca, ma anche tutti gli altri comuni
costieri con tradizione marinara che si affacciano sul Canale di
Sicilia".
Viene segnalata una situazione definita "insostenibile da un
punto di vista economico", con la maggior parte delle imprese di
pesca costrette a fare continuamente ricorso al credito bancario
oltre ad indebitarsi con i fornitori, non riuscendo più a
coprire i costi di gestione.
La realtà marinara di Sciacca conta circa 120 imbarcazioni da
pesca, di cui 90 di grandi dimensioni, con una occupazione
diretta di circa 400 pescatori, oltre all'indotto delle
maestranze che lavorano attorno al settore. "I tratti di mare
interdetti da anni - dall'Unione europea e dalla Regione
Siciliana - per favorire il ripopolamento ittico, non hanno
centrato l'obiettivo prefissato, e oggi un intero comparto
produttivo rischia di morire", concludono le cooperative di
pesca.
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