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Condannata la figlia della compagna di Messina Denaro

Condannata la figlia della compagna di Messina Denaro

Quattro anni e 8 mesi a Martina Gentile, avrebbe favorito la latitanza del boss

PALERMO, 04 marzo 2025, 17:32

Redazione ANSA

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Martina Gentile, figlia della maestra Laura Bonafede - RIPRODUZIONE RISERVATA

Martina Gentile, figlia della maestra Laura Bonafede - RIPRODUZIONE RISERVATA

La procura che ne chiese l'arresto la definì "totalmente votata alla causa di Matteo Messina Denaro", disposta a tutto pur di proteggere l'ex latitante che amava come un padre - quello naturale sconta l'ergastolo per omicidio -, depositaria dei segreti dell'ultimo padrino stragista di Cosa nostra.

Lei, Martina Gentile, 33 anni, la figlia della maestra Laura Bonafede per anni sentimentalmente legata al capomafia, davanti al gup ha rinnegato l'ex latitante, ammettendo di aver sbagliato a voler bene a un uomo che non lo meritava.

Reale ravvedimento? Non secondo il giudice di Palermo, che oggi l'ha condannata a 4 anni e 8 mesi di carcere e uno di libertà vigilata per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati dall'aver agevolato Cosa nostra. Maestra come la madre, avrebbe gestito lo scambio della corrispondenza del boss, all'epoca latitante, sfruttando il suo rapporto con un'altra fedelissima del padrino, Lorena Lanceri, ormai condannata in appello. Lanceri consegnava alla ragazza i pizzini scritti dal capomafia e la ragazza li faceva avere ai destinatari tra i quali sua madre. Lo scambio, spesso, avveniva nello studio dell'architetto Stefano Tramonte, ex assessore all'Urbanistica del Comune di Campobello di Mazara, in cui le due lavoravano.

"Io ho avuto rapporti con Messina Denaro, ma davo le mie lettere a mia madre e mia madre le faceva avere a lui, non so come, ma non ho mai ricevuto lettere da parte di mia madre per dare a Messina Denaro, né nelle sue mani, né tramite la Lanceri, né tantomeno Messina Denaro mi ha mai dato qualcosa, lettere, pizzini", ha spiegato al gup prima della sentenza, rifendendosi dalle accuse dei pm che le contestavano di essere stata "uno degli ingranaggi indispensabili del sistema di comunicazione ingegnato dal latitante".

Nel linguaggio cifrato condiviso con la Bonafede Messina Denaro chiamava Martina "Tan". E nei pizzini rivelava il suo affetto per la ragazza che avrebbe voluto come figlia. "Ho conosciuto il latitante col nome di Francesco Averna prima di saperne la vera identità...A me piaceva sentivo l'odore della schiuma da barba e allora capitava che, siccome lui sapeva che a me piaceva questa cosa, aspettava me e la faceva con me, quando io andavo a casa sua", ha detto Gentile al gup. "Ad oggi, per quello che ho saputo leggendo anche la lettera diario di mia madre - ha spiegato - capisco che non meritava il mio affetto, mia madre ha sbagliato tantissimo, per questo sono arrabbiata con lei".

Lei, insomma, della relazione tra Bonafede e il boss non sapeva nulla. "L'unica cosa buona che ho fatto - ha detto - è mia figlia". Figlia che ora Martina Gentile rischia di perdere. Per la Procura dei minori, infatti, la giovane donna potrebbe avere una influenza negativa sulla sua bambina da cui per questo dovrebbe essere allontanata. Una richiesta su cui il tribunale deve ancora pronunciarsi.

   

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