La scuola di Mogol, il
volontariato e il lavoro con le persone più fragili sulle
ambulanze, l'amore per la musica e la sua isola, la prima
chitarra acquistata a 13 anni con il ricavato della vendita
degli asparagi. Il grande cuore di Marco Piras è racchiuso nelle
nove canzoni del suo disco.
Esce il 7 marzo 'Acultzu a tie' (Vicino a te), il primo
lavoro discografico dell'artista nato a Nurallao. Classe 1968, e
settimo di 10 figli, ha iniziato a scrivere canzoni già dai
tempi delle elementari. "Poi da adulto ho iniziato a collaborare
con diversi gruppi musicali. Ho frequentato il Cet, la scuola di
Mogol, dove ho conosciuto Massimo Satta che ha prodotto il mio
disco", racconta Piras.
Dopo aver scritto i suoi testi in italiano, ha deciso di
optare per il sardo. "È stata una poesia in sardo a ispirarmi
una melodia".
Il disco si apre con 'In custa note', racconta un avvenimento
che ha segnato la vita dell'autore, caduto anche nello
sconforto. Con 'A sa luna' ritrova poi la serenità lasciandosi
cullare dalla luce del satellite più romantico del cielo. La
fede ritrovata è tutta nelle parole di 'Soberanu Signore',
mentre 'A sa oghe tua' è un omaggio a tutti coloro che hanno
dato lustro alla musica sarda lasciando il ricordo della loro
voce e delle loro parole.
'Deo l'isco ses tue' è la voce del desiderio di un ragazzo
che spera che negli occhi di un'aquila possa ritrovare il suo
migliore amico - riprende Marco Piras - da figlio invece voglio
tenere mia madre per mano per non farla sbagliare, e la riporto
alla sua vita da bambina stando Acultzu a tie. Mentre 'Amentos'
racconta di una madre che ricorda il figlio. 'Chie ses tue"':
amo la mia terra, e vorrei che fosse più rispettata. Infine,
chiudo l'album col brano 'Comente naschet'. Spesso mi domando da
dove è arrivata la mia compagna di vita, perché quando si ha un
punto di riferimento solido tutto ha senso", conclude Piras.
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