La Corte di Cassazione ha annullato
con rinvio, ad altra sezione della Corte d'Assise d'Appello di
Bari, la condanna a 20 anni di reclusione per il boss di Bitonto
(Bari) Domenico Conte e per Alessandro D'Elia, condannati per
l'omicidio della sarta Anna Rosa Tarantino e per il tentato
omicidio di Giuseppe Casadibari, avvenuti a Bitonto il 30
dicembre 2017. Si tratta della seconda volta che la Cassazione
interviene sulla vicenda: anche la precedente sentenza di
secondo grado - sempre di condanna a 20 anni per entrambi - era
stata annullata con rinvio, ma i giudici baresi l'avevano
riconfermata.
Ieri sera la Cassazione ha accolto il ricorso dell'avvocato
Dario Vannetiello (per Conte) e di Giuseppe Giulitto (per
D'Elia), rinviando il giudizio di merito ad altra sezione della
Corte d'Assise d'Appello di Bari. L'avvocato Vannetiello,
subentrato a Giulia Bongiorno nella difesa di Conte, nel suo
ricorso ha soprattutto fatto leva sulle contraddizioni delle
dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia che, nel corso
del processo, hanno tirato in ballo Conte e D'Elia. E anche sul
fatto che il cellulare che - dalle dichiarazioni dei pentiti -
sarebbe stato utilizzato da Conte per parlare con D'Elia,
ritenuto dalla Dda l'intermediario tra i boss e gli esecutori
materiali del delitto, quel giorno avesse agganciato numerose
celle telefoniche, nonostante Conte quella mattina fosse rimasto
a casa.
"Appare indubbio - scrive in una nota l'avvocato Vannetiello
- che il secondo annullamento partorito dalla Suprema Corte
costituisce una sensibile elisione del teorema accusatorio che
aveva individuato in Conte il mandante della azione omicidiaria,
la quale aveva raggiunto, per errore dei sicari, anche
l'innocente Anna Rosa Tarantino". L'omicidio, secondo l'accusa,
fu causato dalla faida tra i clan Cipriano e Conte in corso in
quegli anni a Bitonto. Quella stessa mattina ci furono altri due
agguati reciproci tra i clan. Nel terzo rimase uccisa per errore
l'anziana sarta. Altre condanne, nel frattempo, sono diventate
definitive.
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