/ricerca/ansait/search.shtml?tag=
Mostra meno

Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Piffer, per Porzus la verità non è più ostaggio della politica

Piffer, per Porzus la verità non è più ostaggio della politica

Storico dimostra strage decisa con sloveni da partigiani rossi

TRIESTE, 06 marzo 2025, 14:56

Redazione ANSA

ANSACheck
- RIPRODUZIONE RISERVATA

- RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Francesco De Filippo) TOMMASO PIFFER, SANGUE SULLA RESISTENZA. STORIA DELL'ECCIDIO DI PORZêS (Mondadori; pp.264; 23 euro) Che l'esecutore dell'eccidio di Porzus fosse il partigiano rosso, il gappista Mario Toffanin detto 'Giacca' si sapeva. Come si sapevano tanti altri dettagli della strage avvenuta tra Faedis (Udine) prima e su per le montagne, a malga Porzus, poi, tra il 7 e il 18 febbraio 1945, con l'uccisione di 18 partigiani 'verdi' della Brigata Osoppo-Friuli. Ciò che invece ha dimostrato Tommaso Piffer, storico, è il coinvolgimento del comando della Divisione Garibaldi-Natisone, legata al Pci. Una mossa che intendeva eliminare ogni ostacolo che si frapponesse alle mire jugoslave di annettere quell'area italiana di confine.
    Per Josip Broz Tito bisognava occupare il possibile della Venezia Giulia e della Benecia.
    Piffer, docente di storia contemporanea all'Università di Udine e associato del Centro studi sulla guerra fredda di Harvard, ha raccolto le sue ricerche nel libro "Sangue sulla resistenza. Storia sull'eccidio di Porzus" (Mondadori), che mette la parola fine ad ogni equivoco o mezza verità.
    I partigiani della Osoppo difendevano l'italianità del confine orientale, opponendosi al IX Corpus titino che voleva annettere il Friuli alla nascente Repubblica Federativa Socialista Jugoslavia.
    "L'annessione non avverrà - spiega - perché arriveranno gli inglesi, occuperanno l'area, costringeranno Tito a lasciare Trieste nella primavera '45 e con il trattato di pace assegneranno la Slavia veneta (Benecia: Valli del Natisone, Val Resia e del torre) all' Italia". L'episodio resta però importante perché è "uno dei più cruenti della resistenza italiana, frammentata in vari gruppi", una guerra fratricida. Il 23 febbraio scorso, è stato commemorato l'80/o anniversario della strage. Nella quale furono trucidati anche il fratello di Pier Paolo Pasolini, Guido, e Francesco De Gregori, detto Bolla, zio di quello che sarebbe diventato il cantautore.
    L'azione era stata preceduta da tentativi di diffamazione nei confronti degli osovani, accusati - ingiustamente - di complicità con i nazifascisti. Non bastò: "La strage fu decisa nel novembre, dicembre del 1944 e viene eseguita nel febbraio '45 dai Gap che erano i nuclei di assalto del Pci legati alla Garibaldi-Natisone" spiega Piffer. Che parla di una "dolorosa vicenda" che però "va guardata in faccia per consegnarla definitivamente alla storia, spesso ostaggio della politica".
    Immaginabili, infatti, in questa vicenda, le profonde implicazioni politiche: la verità avrebbe messo in crisi la narrazione del Pci come forza politica dagli interessi nazionali "perché il Pci friulano con avallo del Pci nazionale aveva deciso di favorire l'annessione di tutta l'area rivendicata dal Movimento di liberazione sloveno". Insomma, la rivoluzione socialista comportò una spaccatura nell'antifascismo italiano con le formazioni garibaldine (Pci) da un lato e quelle osovane (legate alla Democrazia cristiana) dall'altro.
    Una "storia della brutale determinazione di eliminare un avversario politico. La vita valeva poco e le pressioni politiche erano forti", dice oggi lo storico.
    Nel dopoguerra gli esecutori materiali verranno processati e condannati a pene molto pesanti. Ma del coinvolgimento della Garibaldi-Natisone non si era mai andati oltre il sospetto.
    Piffer, esaminando documentazione slovena mai vagliata in precedenza, ha sistemato l'ultimo, chiarificatore, tassello.
    Nel saggio si parla di tre grandi fratture che hanno segnato quegli anni: quella tra fascismo e antifascismo che vedeva le formazioni osovane, garibaldine e slovene schierate su uno stesso fronte contro i nazisti e i militanti della Repubblica sociale italiana; quella tra italiani e sloveni per il controllo dello stesso territorio e infine quella tra forze comuniste e forze anticomuniste.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza