(di Mattia Bernardo Bagnoli)
"Nonostante i tempi turbolenti
abbiamo iniziato a correre". La presidente della Commissione
Europea Ursula von der Leyen usa il simbolico traguardo dei 100
giorni dall'insediamento - che cade in realtà il prossimo
martedì - per stilare un mini-bilancio del lavoro svolto sinora
(sintesi: "abbiamo mantenuto la rotta") e anticipare qualche
misura nuova in arrivo. Il ReArm Europe è un passaggio "storico"
- Giorgia Meloni dovrà farsi andar bene il nome del piano perché
"descrive ciò che sta avvenendo" - e sulla difesa "non si
esclude nulla", nemmeno il ricorso "ai sussidi" oltre che ai
prestiti, sulla falsa riga del Recovery. È semplicemente molto
presto per parlarne.
La Commissione, infatti, è ora concentrata a tradurre in atti
legislativi quanto proposto nel piano, già approvato dai leader.
In pratica la fase uno. Ogni passo aggiuntivo (la fase due)
verrà dopo. Domani a Bruxelles si riunisce l'Eurogruppo, il
giorno dopo l'Ecofin. In queste sedi avverrà un primo giro di
tavolo per trattare la riforma del Patto di Stabilità e
Crescita, come chiesto da Berlino. Nell'incontro informale tra i
ministri delle Finanze Ue alla cena lunedì sera e alla colazione
martedì mattina, prima del Consiglio vero e proprio, "mi aspetto
che si parlerà sia di soluzioni di emergenza e sia di possibili
soluzioni più a lungo termine", ha precisato un funzionario
europeo. "I lavori sono in corso". Il ministro Giorgetti
presenterà la richiesta italiana di usare l'Invest EU per
garantire gli interventi sulla difesa (è una delle ipotesi che
vengono ventilate, non l'unica). La sensazione ormai è che non
esistono tabù e più a Washington maneggiano il piccone più a
Bruxelles s'impasta la malta per costruire la difesa
blustellata.
Von der Leyen, pur descrivendo gli Usa come "alleati",
sebbene vi siano delle "differenze di vedute", ha ammesso che
"qualcosa di fondamentale è cambiato, la democrazia e il diritto
sono minacciati, tutto è diventato transazionale, la nostra
azione richiesta deve essere rapida". Il dibattito sulle risorse
pare ormai avviato, resta invece da limare quello del "comprare
europeo" - è la posizione di Parigi - per rafforzare la
sovranità dell'Europa. Certi paesi, tradizionalmente legati agli
Usa come la Germania, l'Olanda e l'Italia, sinora hanno
temperato lo sciovinismo francese ma il quadro sta cambiando
rapidamente. Gli investimenti nella difesa vanno "all'80% fuori
dall'Ue", ha detto von der Leyen, lasciando capire che si tratta
di una situazione da correggere, per portare all'interno dei
confini europei "posti di lavoro, competenze, ricerca e
sviluppo", in un settore peraltro dall'alto valore aggiunto,
volano per trasformazioni tecnologiche necessarie, specie nel
dual use.
Insomma, è iniziata la reazione all'America first. Il
grimaldello sarà principalmente lo strumento da 150 miliardi -
nome in codice SAFE, o Security Action for Europe - perché
disegnato apposta per incoraggiare gli appalti congiunti e la
collaborazione tra Stati europei (nonché i partner più prossimi,
come Regno Unito e Norvegia, con soluzioni ancora da trovare).
Cosa faranno però le capitali con i loro quattrini, persino se
generati dal maggior debito permesso dalle deroghe al Patto,
resta affar loro. Dunque potranno potenzialmente acquistare
americano.
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