(di Mattia Bernardo Bagnoli)
L'Europa svolta sulla difesa e
la Russia non gradisce. "Questa militarizzazione per noi è fonte
di grande preoccupazione e potremmo essere costretti ad adottare
contromisure appropriate", tuona il portavoce di Vladimir Putin,
Dmitry Peskov. Tralasciando naturalmente il fatto che Mosca
ormai spende il 35% del bilancio federale in sicurezza,
veleggiando verso il 7% del Pil. A Bruxelles, invece, non si
nasconde la soddisfazione per un Consiglio Europeo altamente
produttivo: Ursula von der Leyen e il premier britannico Starmer
lo hanno definito "storico".
Certo, al momento si tratta solo di accordi politici, tutti
da tradurre in atti legislativi concreti. Ma il senso d'urgenza
è condiviso, il cronoprogramma si annuncia serrato, da
intrecciarsi con quanto accade sul campo in Ucraina (da un lato)
e sul fronte dei negoziati tra Washington-Mosca-Kiev. Donald
Trump ha ad esempio minacciato "ampie sanzioni bancarie,
sanzioni e dazi alla Russia fino a quando un cessate il fuoco e
un accordo finale sulla pace non saranno raggiunti".
La settimana prossima le delegazioni americane e ucraine
s'incontreranno per riannodare il filo e lo schema, al momento,
pare essere quello di arrivare ad un pre-accordo sui minerali e
sulle garanzie di sicurezza, seguito in un secondo momento da un
patto più particolareggiato su entrambi i capitoli. Nel mentre
il Cremlino martella l'Ucraina con i bombardamenti e, per la
prima volta, i Mirage donati dalla Francia si sono alzati in
volo per serrare i cieli.
L'Europa, ad ogni modo, dovrà fare il suo a prescindere. La
troika europea - Costa, von der Leyen, Kallas - ha illustrato i
risultati del vertice ai partner Nato non comunitari, ovvero
Regno Unito, Norvegia, Turchia, Canada e Islanda, e la
presidente della Commissione ha poi avuto un colloquio con il
segretario generale Mark Rutte perché del RaArm Eu dovranno
beneficiarne anche i partner e da qui ai prossimi mesi si capirà
come, pur nell'ottica 'Europe first'.
I 27 - inclusa l'Ungheria - hanno manifestato l'intenzione di
voler persino osare di più di quanto proposto sinora dalla
Commissione. Lunedì e martedì, in sede di Eurogruppo ed Ecofin,
si terrà un primo confronto sul Patto di stabilità e crescita,
che si vuole rivedere su impulso della Germania (l'Olanda
mantiene il ruolo di revisore dei conti dell'Ue e ha già
chiarito che non permetterà di sbragare oltre una certa soglia,
ancora da definire). Il 19 marzo sarà la volta del Libro Bianco
sulla difesa, dove verranno trattati gli stessi temi del vertice
straordinario ma in alta definizione. Il giorno dopo sarà la
volta del Consiglio Europeo regolare, in cui ci si aspetta la
presentazione delle prime norme dettagliate del ReArm. Si
concluderà così la fase uno. A seguire, una partita più ampia.
L'orizzonte infatti sarà il summit Nato all'Aja del 24-25
giugno. Al cospetto di Trump gli alleati dovranno definire i
nuovi target di spesa: per finanziare ciò che i piani militari
prevedono per la deterrenza alla Russia, stando ai calcoli di
Rutte, serva una quota compresa tra il 3,1% e il 3,8% del Pil di
ogni alleato. L'Ue, con il piano ReArm, è certa di poter portare
i propri Stati membri al 3%. Si vedrà quale sarà il punto di
caduta. Sino ad allora si susseguiranno Consigli, ministeriali
Nato, vertici dei volenterosi, con l'intenzione di chiudere la
partita - perlomeno in ambito Ue - al Consiglio Europeo di fine
giugno, subito dopo il summit dell'Alleanza.
La transizione sarà allora conclusa e s'inizieranno a
spendere le risorse, in un processo che potrebbe durare un
decennio. Perché sì, lo spettro russo incute timore, ma ancor di
più il disimpegno americano dall'Europa: il Vecchio Mondo deve
rassegnarsi alla prospettiva di sapersi difendere da solo, tra
timori e innegabili opportunità. "Per rispondere a Trump e Putin
non basta una dichiarazione sui social, servono azioni
concrete", afferma un alto funzionario europeo. Ecco, la via è
imboccata.
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