(di Mattia Bernardo Bagnoli)
I 27 capi di stato e di governo
dell'Unione Europea al vertice straordinario sulla difesa si
trovano d'accordo e danno luce verde al piano 'ReArm' proposto
dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Certo,
ora servono i testi legislativi, dunque i dettagli. Arriveranno
presto. "L'Europa affronta un pericolo chiaro, dobbiamo essere
in grado di proteggerci", ha scandito la tedesca accanto a
Volodymyr Zelensky e al presidente del Consiglio Antonio Costa.
"Sentiamo la vostra vicinanza, siamo contenti di non essere
soli", ha ribattuto il leader ucraino reduce da una settimana a
dir poco traumatica.
Ecco, il senso del summit - oltre a "scrivere la prima pagina
del libro della difesa comune europea", come spiega un alto
funzionario Ue - è proprio quello di riaffermare il sostegno del
Vecchio Mondo alla causa ucraina e riprendere il cammino
(strettissimo) verso una pace giusta, evitando se possibile la
capitolazione. Le discussioni - a tratti segretissime, con solo
i leader nella sala, senza assistenti e cellulari - hanno dunque
toccato l'ampio spettro delle opzioni da perseguire: rafforzare
la mano dell'Ucraina, con nuovi aiuti militari (e qui l'Ue
prevede almeno 30 miliardi per il 2025); esplorare le dinamiche
della possibile coalizione dei volenterosi disponibile a mettere
gli scarponi sul terreno una volta raggiunta la pace;
coinvolgere Kiev nel piano di riarmo europeo, aprendole la via
degli appalti congiunti incentivati dal nuovo fondo da 150
miliardi.
Con un però. Se per la difesa comune sono tutti d'accordo
(compreso il premier ungherese Viktor Orban), per la parte delle
conclusioni dedicate all'Ucraina, in cui appunto si batte il
tasto sul sostegno rinnovato e in cui si enunciano dei principi
cardine per la pace (per esempio che "qualsiasi accordo deve
essere accompagnato da garanzie di sicurezza solide e
credibili"), il magiaro è entrato in conclave puntando i piedi.
E non ha voluto sentire ragioni. L'escamotage allora è stata la
dichiarazione del presidente Costa controfirmata dai 26,
dimostrazione plastica della spaccatura. Nella pratica cambia
poco ma nel lessico europeo suona molto male. E la prassi ora
potrebbe persino estendersi ad alte iniziative. "Non abbiamo più
tempo. È sempre più difficile superare il blocco di Budapest,
ecco perché nella mia proposta per dare un aiuto militare extra
all'Ucraina c'è la possibilità di formare una coalizione in modo
che un Paese non fermi gli altri", ha dichiarato l'Alto
rappresentante Ue Kaja Kallas. "Puntiamo all'unità ma se non c'è
l'Ungheria parla per sé". Zelensky d'altra parte ha ammonito:
entro 5 anni Mosca potrà schierare "300 brigate". Ovvero dai
900mila all'1,5 milioni di soldati.
I francesi, a quanto si apprende, hanno chiarito che la
'coalition of the willing' è "aperta a tutti" ma che al momento
è ancora "prematuro" per avere le modalità della missione vera e
propria. Però, è il ragionamento, per chiedere la copertura Usa
- il cosiddetto "backstop" - prima gli europei devono capire
cosa offrire. Naturalmente l'eco della proposta di Emmanuel
Macron di aprire un dibattito sulla condivisione dello scudo
atomico francese ha fatto irruzione nei corridoi - il
cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito la sua lealtà
all'ombrello Nato, dunque Usa, mentre per il polacco Donald Tusk
"vale la pena" prenderla in considerazione - ma non è stata
discussa al tavolo dei leader. Anche lì, prematuro.
Passiamo al 'ReArm Europe'. Al di là dei dettagli (è già
chiaro che la possibilità di usare i fondi di coesione non
spesi, circa 350 miliardi, per la difesa, sarà decisione di ogni
singola capitale) appare assodato che i 27 chiederanno alla
Commissione di fare persino di più di quanto proposto. Berlino
ha ottenuto un passaggio in cui si chiede di esplorare
"ulteriori misure" - seppur garantendo al contempo la
"sostenibilità del debito" - per "facilitare una spesa
significativa per la difesa a livello nazionale in tutti gli
Stati membri". Persino riaprendo il Patto di stabilità per avere
margini maggiori, come piacerebbe anche all'Italia.
Non solo. Non si escludono - dicono fonti bene informate -
passi ulteriori sullo strumento di investimento comune, magari
arrivando ai sussidi con eurobond oltre che ai prestiti. Ma qui
si va oltre il dibattito di questo vertice: le idee non mancano.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA