È dedicata alla "Fluid Society",
all'influenza dei social network sui disturbi della nutrizione e
alla transizione del corpo in età adolescenziale l'edizione 2025
del "Danno del Dono". La rassegna comprende una serie di eventi
culturali, tutti incentrati sui diversi aspetti del disagio
psicologico e sociale nell'era contemporanea, ponendosi
l'obiettivo di realizzare campagne di sensibilizzazione su temi
e fenomeni attuali. Gli eventi si svolgeranno tra marzo e aprile
tra Bologna e Castel Maggiore, Ravenna, Milano, Roma, Napoli,
Cagliari, Lecce, Catania e Catanzaro. Sono previsti incontri di
carattere scientifico, conferenze, performance artistiche,
proiezioni cinematografiche e momenti musicali.
"A distanza di due o tre anni dalla pandemia stiamo
raccogliendo dei dati allarmanti", spiega Francesca Rossi,
dirigente psicologa dell'azienda Sant'Orsola e direttrice
scientifica de "Il Danno del Dono" e dell'associazione i
Dioscuri che mette in guardia sull'uso dei social e dei nuovi
media, fautori di modelli di vita e modelli corporei
precostituiti, a cui i giovanissimi si ispirano e a cui vogliono
aderire ad ogni costo.
"I giovani devono essere accompagnati verso una maggiore
spontaneità, che viene un po' a mancare se si vive attraverso
uno schermo", mette in guardia. Per avvicinare i ragazzi
"andremo nelle scuole e non parleremo di disturbi alimentari -
aggiunge - ma di solitudine, della relazione dei ragazzi con i
loro genitori, delle storie dei loro genitori e dei loro
desideri e bisogni. Vogliamo cercare di capire come stanno
vivendo in questo momento e come guardano al futuro, che è
sempre molto oscuro".
Un lavoro "prezioso" che "si intreccia con le attività
educative e scolastiche", sottolinea l'assessore alla Scuola del
Comune di Bologna, Daniele Ara, che parla di "nodo del disagio
giovanile" da affrontare e cercare di sciogliere. "L'Ausl di
Bologna ha voluto essere presente su un tema che è fondamentale
- conclude Michele Meschi, direttore sanitario della Ausl di
Bologna - Quando si parla di presa in cura della persona si
tende a pensare alla terapia, ma serve una presa in carico
globale e umanistica. Ce lo insegnavano gli antichi. La salute
non è solo l'assenza della malattia ma anche diritto alla
felicità e alla realizzazione di se stessi".
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