Prosegue la dinamica positiva del mercato del lavoro per la componente femminile. Dal 2008 al 2024 l'incremento del tasso di occupazione delle donne è di 6,4 punti. Una crescita dovuta soprattutto al segmento delle ultracinquantenni: mentre l'aumento per le over50 raggiunge i 20 punti, per le 25-34enni si ferma a 1,4 punti. È quanto emerge dal Rapporto CNEL-ISTAT 'Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità', presentato a Villa Lubin.
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Permane, nel complesso, l'ampio divario con l'Europa: il tasso di occupazione femminile risulta inferiore di 12,6 punti alla media Ue ed è il valore più basso tra i 27 paesi dell'Unione, evidenzia il rapporto. Da cui emerge anche che, mentre tra gli uomini circa 7 occupati su 10 possono contare su un lavoro standard (dipendente a tempo indeterminato o autonomo con dipendenti), tra le donne sono in questa situazione poco più della metà delle occupate (53,9%). Quasi un quarto delle donne che lavora presenta uno o più elementi di vulnerabilità (dipendente a tempo determinato, part time involontario, ecc.), contro il 13,8% gli uomini. Risultano più spesso vulnerabili le lavoratrici giovani (38,7%), residenti nel Sud (31,2%), con bassa istruzione (31,7% per le donne che hanno fino alla licenza media) e straniere (36,5%).
Per quanto riguarda il confronto con l'Europa, l'analisi evidenzia anche come il gap di genere nel tasso di occupazione sia quasi il doppio della media Ue: 17,4 punti contro 9,1 punti.
A questo si aggiungono le marcate disparità territoriali: mentre tutte le regioni del Nord e del Centro, tranne il Lazio, hanno raggiunto l'obiettivo del 60% previsto dalla Strategia di Lisbona 2010, nessuna regione meridionale ha raggiunto il target europeo. Tra il 2008 e il 2023, spiega il rapporto, è inoltre calata di oltre 6 punti la quota di coppie in cui solo l'uomo lavora (dal 33,5 al 25,2%). Nel confronto europeo l'Italia si colloca al terzo posto (dopo Grecia e Romania) per diffusione del modello monoreddito maschile e comunque lontana dalla media Ue del 16,1%. Risultano invece in aumento le coppie paritarie, in cui entrambi i partner lavorano e hanno redditi da lavoro di livello simile (dal 27,8 al 29,8%). Vivere in una coppia in cui i partner contribuiscono in egual modo al proprio reddito migliora il benessere soggettivo: il 63% dei partner di coppie paritarie si dice molto soddisfatto della vita, a fronte di circa il 40% dei partner di coppie monoreddito maschile.
Inoltre, il 69,3% delle donne che vivono da sole ha un impiego, percentuale che scende al 62,9% tra le madri sole e al 57,2% tra le madri in coppia. Viceversa, tra gli uomini il tasso di occupazione per i single è di circa il 77% e arriva all'86,3% per i padri in coppia. Tra i 25 e i 34 anni meno della metà delle madri risulta occupata. Le donne disoccupate sono poco meno di un milione e quelle 'di lunga durata', cioè in cerca di lavoro da un anno o più, corrispondono al 54,3%. Le inattive sono oltre 7,8 milioni e per un terzo a causa di motivazioni familiari. Quasi 600mila donne non cerca lavoro perché scoraggiata. Grazie al maggiore investimento in formazione, inoltre - rileva lo studio - le donne in Italia sono mediamente più istruite degli uomini: il 68% delle 25-64enni ha almeno un diploma o una qualifica, contro il 62,9% degli uomini; il 24,9% è in possesso di un titolo terziario, contro il 18,3% degli uomini.
Ma questo non si traduce in un vantaggio lavorativo e permane una marcata segregazione orizzontale: circa la metà dell'occupazione femminile risulta concentrata in sole 21 professioni, mentre per gli uomini questo valore raggiunge ben 53. Anche la segregazione verticale (il cosiddetto 'tetto di cristallo') continua ad essere una realtà, evidenzia l'analisi: in Italia le parlamentari donna sono il 33,6%; la quota di donne elette nei consigli regionali si ferma al 24,5%; solo il 28,8% delle imprese è a conduzione femminile. La quota di imprenditrici è comunque in crescita, soprattutto tra le under 35 (+2,3 punti).
La principale causa di livelli retributivi individuali insufficienti, rileva lo studio, è la diffusione di contratti non standard nella componente femminile del mercato del lavoro: nonostante dal 2015 al 2022 il monte retributivo annuo delle donne occupate sia cresciuto in termini reali del 5% (contro il 3,2% degli uomini), il differenziale di genere tra le retribuzioni medie è pari a 6 mila euro su base annua a vantaggio dei dipendenti maschi.
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