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Anna Maria Fabriani, il segno nascosto della Scuola Romana

Anna Maria Fabriani, il segno nascosto della Scuola Romana

A Palazzo Merulana la prima mostra dell'artista centenaria

ROMA, 08 settembre 2024, 19:16

di Luciano Fioramonti

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il primo quadro è un ritratto della madre, databile intorno alla fine degli anni '40; l'ultimo, la natura morta Limoni e bottiglia di amaro, è del 2018, finché le forze le hanno consentito di stare in piedi di fronte al cavalletto. Abbraccia un arco temporale lunghissimo la mostra che Palazzo Merulana dedica fino al 6 ottobre a Anna Maria Fabriani, pittrice della Scuola Romana allieva di Carlo Socrate ma rimasta nell'ombra pur continuando a dipingere anche ultranovantenne.
    A rendere questo primo omaggio all'artista, che lo scorso giugno ha compiuto cento anni, è la bella sede espositiva della Fondazione Elena e Claudio Cerasi, ricca di capolavori di esponenti della Scuola Romana. L'esposizione 'Maria Fabriani Riverberi e trame dalla Scuola Romana', a cura di Sabina Ambrogi, con testo critico di Giulia Ambrogi, racconta il tratto e l'eleganza della pittrice formatasi all'Accademia delle Belle Arti alla fine degli anni '40 e il destino, comune forse a molte donne dell'epoca, di vedersi costretta a coltivare la in casa la sua arte. L'intera esposizione è frutto di un lavoro di ricerca, recupero e catalogazione, iniziato diversi anni fa, da parte della curatrice. La produzione di Anna Maria Fabriani si divide in due fasi. La prima, cominciata verso la fine degli anni '40, si interrompe negli anni '70. La seconda dal 1997, subito dopo la morte del marito Silvano Ambrogi, dura fino al 2018 in un percorso arricchito da nuove visioni contemporanee, con un taglio cinematografico delle inquadrature.
    "La retrospettiva evidenzia il culto del 'lavoro dell'artista' che è forse uno dei tratti più forti che saldano la sua opera al periodo della Scuola Romana, alla frequentazione dell'atelier di Villa Strohl-Fern e al maestro Socrate", scrive la critica Giulia Ambrogi spiegando che la ricerca dell'artista non ha mai avuto l'obiettivo di tradursi in visione pubblica.
    La curatrice Sabina Ambrogi, figlia della pittrice, ricorda: "Mia madre aveva a disposizione una casa grande e molti posti per poter dipingere, invece teneva colori pennelli e cavalletto nella sua stanza da letto che era il suo atelier. Sistemava degli stracci e dei fogli di giornale sui vetri e dirigeva la luce naturale sugli oggetti. La pittura era un rito unico, metodico, perfino un accanimento ossessivo, intimamente e forse esclusivamente legato alla luce e alla capacità di dare il volume e determinare le forme". Da Carlo Socrate, Anna Maria Fabriani ha preso forse anche la stessa "sofferta timidezza", una predisposizione morale che sembra accompagnare anche la produzione della stessa pittrice: capitava - è stato osservato - che, dopo aver dipinto, grattasse il colore dalla tela con la lametta per poi ricominciare il giorno dopo, ripetendo l'operazione anche per un mese di seguito, fino a trovare il giusto equilibrio. Metodi e percezioni, visioni e composizioni che contribuiscono alla creazione di un tempo sospeso che accompagna le sue opere.

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