L'attuale sistema per proteggere le comunicazioni digitali, come le transazioni bancarie, potrebbe essere molto meno sicuro del previsto: lo indica la ricerca online su arXiv, la piattaforma che oapita gli articoli scientifici non ancora revisionati, e coordinata da Simone Montangero, dell'Università di Padova.
I ricercatori hanno dimostrato l'esistenza di metodi matematici capaci di violare i protocolli di comunicazione in modo più semplice. La scoperta scuote le fondamenta dei protocolli di sicurezza attuali e spinge verso nuovi metodi più sicuri, basati sulle tecnologie quantistiche.
“Gran parte delle comunicazioni digitali utilizza oggi un protocollo di cifratura noto come Rsa o a chiave pubblica, considerato molto sicuro perché per violarlo serve un’enorme potenza di calcolo, in altre parole serve troppo tempo per decodificarlo”, ha detto all’ANSA Montangero, anche co-leader dello Spoke 10 dedicato al Quantum computing di Icsc – Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing.
La tecnica della chiave pubblica è stata una vera rivoluzione che ha permesso di poter inviare informazioni digitali in modo semplice e allo stesso tempo praticamente inviolabile. Si tratta in realtà di un numero, molto lungo, che permette di codificare e decodificare il messaggio che accompagna. La chiave è composta da due metà: i due numeri (gli unici possibili) che moltiplicati l’hanno prodotta. Conoscere uno dei due numeri permette ad esempio a un hacker violare la sicurezza dell’intero messaggio. Ma se generare la chiave è un’operazione molto semplice, trovare i due numeri che la compongono è complicatissimo. Non solo più lunga è la chiave, più difficile è risolvere il problema, ma ogni volta che si aggiunge una semplice cifra la difficoltà raddoppia. Un problema detto esponenziale e di fatto impossibile da risolvere per qualsiasi hacker.
Ma ora il nuovo lavoro firmato anche da Marco Tesoro, Daniel Jaschke, Giuseppe Magnifico e Ilaria Siloi, sempre dell’Università di Padova, dimostra per la prima volta che aprire quei codici potrebbe essere molto più facile del previsto. Indica, infatti, che se si usano nuovi metodi matematici, le cosiddette tensor network, la complessità del problema si riduce. Scomporre la chiave nelle due ‘metà’ non risulta più avere una crescita esponenziale ma una crescita molto meno veloce: in altre parole è più facile da risolvere. Una novità piuttosto tecnica e che può sembrare lontana dalla quotidianità ma che invece potrebbe stravolgere, in un futuro non molto lontano, tutti i protocolli di sicurezza informatica tradizionali.
“La scoperta – ha concluso Montangero – non mette in crisi i protocolli nell’immediato, perché rimane comunque un problema estremamente difficile e fuori dalla portata degli attuali supercalcolatori, ma sottolinea l’urgenza di implementare nuovi più avanzati sistemi di crittografia come quelli detti post-quantum oppure con la distribuzione di chiavi quantistiche Qkd”, ossia il sistema della meccanica quantistica chiamato Quantum key distribution e progettato per garantire comunicazioni sicure. La scoperta del gruppo di ricerca italiano e l’arrivo nel futuro dei computer quantistici più potenti obbligherà a dover ripensare i metodi per la protezione delle comunicazioni digitali. E proprio le tecnologie quantistiche potrebbero presto dimostrarsi una valida soluzione per sostituire i protocolli a chiave pubblica.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA