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Identificato il motore del cancro alla prostata, è una proteina

Identificato il motore del cancro alla prostata, è una proteina

Finora si pensava svolgesse un ruolo solo in stadi più avanzati

10 settembre 2024, 17:27

di Benedetta Bianco

ANSACheck
Rappresentazione artistica della divisione cellulare che scatena il cancro della prostata (fonte: Ella Maru Studio) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Rappresentazione artistica della divisione cellulare che scatena il cancro della prostata (fonte: Ella Maru Studio) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Si nasconde in una proteina il ‘motore’ del cancro alla prostata: chiamata Nsd2 e ritenuta finora importante solo in stadi del tumore più avanzati, altera il funzionamento del recettore per gli androgeni, gli ormoni sessuali maschili, che normalmente regola lo sviluppo della prostata. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Genetics e guidata dall’Università americana del Michigan, fa luce su un fenomeno prima sconosciuto e suggerisce anche nuovi modi per colpire il cancro alla prostata, grazie alla messa a punto di composti terapeutici che blocchino l’attività dannosa di Nsd2 o distruggano la proteina.

In condizioni normali, il recettore per gli androgeni guida lo sviluppo della prostata, comunicando alle cellule di smettere di crescere quando non è più necessario. Nel cancro, invece, fa tutto l’opposto: costringe ad una crescita continua e incontrollata, dando il via allo sviluppo della malattia. Grazie al lavoro dei ricercatori guidati da Abhijit Parolia, la causa di questo comportamento è stata ora rintracciata nella proteina Nsd2, che legandosi al recettore ne riprogramma l’attività in favore del tumore.

Gli autori dello studio hanno sperimentato in laboratorio diversi metodi per bloccare la produzione di Nsd2 nelle cellule cancerose, scoprendo che ciò permette di rallentare la crescita e la diffusione del tumore, ma non di eliminarlo del tutto. Hanno, inoltre, individuato un’altra proteina, chiamata Nsd1, che collabora con Nsd2 nella sua azione a favore del cancro alla prostata: secondo i ricercatori, un composto che riesca a degradare entrambe le proteine potrebbe risultare più efficace, in combinazione con altri trattamenti, prendendo di mira le cellule malate senza danneggiare quelle sane.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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