Scoperto un meccanismo chiave alla base dell'aggressività dei tumori ed, in particolare, del cancro del pancreas che rappresenta ad oggi una forma particolarmente difficile da trattare. Il 'motore' dell'aggressività sta nella trasformazione cui possono andare incontro le cellule tumorali che, cambiando completamente 'veste' e transitando dallo status di cellule epiteliali e cellule mesenchimali, rendono appunto il tumore più 'cattivo' e capace di proliferare in tempi brevi, come accade nel caso della neoplasia al pancreas. Lo studio potrebbe aprire la porta a nuovi trattamenti capaci di colpire selettivamente le cellule con caratteristiche mesenchimali e privare così il tumore del suo principale motore.
La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, si deve a ricercatori italiani del MD Anderson Cancer Center di Houston in Usa, provenienti dall'Università Cattolica del Sacro Cuore e dei loro maestri, Giampaolo Tortora e Alessandro Sgambato. Allo studio hanno preso parte anche ricercatori dell'Irccs San Raffaele di Milano. Le cellule tumorali, ha evidenziato lo studio, possono dunque transitare dallo stato di cellule epiteliali (presenti negli organi interni, nelle cavità corporee ma anche sulla superficie della pelle) a cellule mesenchimali (cellule primitive non specializzate che possono trasformarsi in tipi diversi di cellule del corpo), capaci di sfuggire a vari tipi di controllo, e proprio questa trasformazione rende il tumore più aggressivo. La transizione epitelio-mesenchimale è tipica di tanti tumori, ma è più esaltata nei tumori del pancreas. Una scoperta importante che ha potenziali ricadute pratiche, afferma Tortora, direttore del Comprehensive Cancer Center di Fondazione Policlinico Gemelli Irccs: "Ad esempio, l'individuazione futura di alcuni biomarcatori che identificano questa plasticità della cellula tumorale, per sfruttarla in termini diagnostico-terapeutici, così da poter intervenire in modo tempestivo, ad esempio modificando la terapia. Quello che stiamo imparando, quasi sicuramente avrà cioè delle ricadute su tanti altri tumori in cui tale trasformazione è una modalità acquisita dal tumore per sfuggire al controllo e alle terapie".
Questo studio, aggiunge Sgambato, vicepreside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, "è molto significativo e ci offre l'opportunità di guardare con occhi nuovi a una patologia molto aggressiva qual è il cancro del pancreas aprendo la strada allo sviluppo di nuovi approcci diagnostico-terapeutici utili non soltanto per questa ma anche per altre patologie tumorali". Finora, chiarisce all'ANSA Luigi Perelli, primo firmatario dello studio, "non era chiaro se la transizione da epiteliale a mesenchimale fornisse o meno vantaggi al tumore. Nella nuova ricerca abbiamo scoperto che non solo è importante, ma nel caso del tumore del pancreas svolge un ruolo chiave nella sua aggressività".
La transizione da epiteliale a mesenchimale, inoltre, ha diverse conseguenze: da una parte, dà vita a cellule tumorali con maggiore capacità di diffusione, dall'altra genera instabilità nel genoma delle cellule tumorali che si traduce in una più ampia eterogeneità delle cellule che compongono il tumore. Il risultato è una maggiore capacità del tumore di adattarsi alle condizioni sfavorevoli e alle terapie. Come se non bastasse "questa trasformazione, che in altri tumori avviene in fase avanzata, nel tumore del pancreas avviene quasi subito. Questo spiega l'estrema difficoltà ad identificare un trattamento efficace per questo tumore", aggiunge Perelli.
"Il nostro lavoro è fondamentale per chiarire i modelli evolutivi alla base del comportamento clinico aggressivo del cancro pancreatico", commenta il coordinatore del lavoro, Giannicola Genovese. Questi risultati, conclude, "aggiungono un ulteriore livello alla nostra comprensione dell'eterogeneità tumorale e della complessità del microambiente del cancro, fornendo nuove informazioni cruciali per il trattamento di questa malattia così devastante".
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