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Perché la mimosa l'8 marzo? Il fiore-simbolo fu scelto nel 1946 da Marisa Rodano

Perché la mimosa l'8 marzo? Il fiore-simbolo fu scelto nel 1946 da Marisa Rodano

Militante antifascista e femminista, scomparsa a 104 anni, alle ragazze di oggi diceva 'non date per scontati i diritti'

07 marzo 2025, 10:15

di Agnese Malatesta

ANSACheck
Marisa Rodano - RIPRODUZIONE RISERVATA

Marisa Rodano - RIPRODUZIONE RISERVATA

La mimosa, il fiore che anticipa la primavera, storico emblema della Giornata internazionale della donna l'8 marzo, si deve ad una grande donna italiana, che ha attraversato oltre un secolo di militanza antifascista e femminista, un simbolo di lotta tenace e costante per le libertà di uomini e donne. Le donne, soprattutto. Per le quali non si è risparmiata sia nelle aule parlamentari sia nelle piazze, e alle quali ha donato il regalo preziosa della mimosa. Questa donna è Marisa Rodano, al secolo Maria Lisa Cinciari Rodano, nata a Roma il 21 gennaio 2021 e scomparsa a 104 anni il 2 dicembre 2023 nella sua città.

Era l’8 marzo 1946

“Era il primo 8 marzo che si celebrava nell’Italia ormai libera e la scelta della mimosa come fiore della Giornata Internazionale della donna venne da sé”. Tutto è avvenuto a Palazzo Giustiniani in una riunione del Comitato direttivo dell’Udi, Unione Donne Italiane, dove si discuteva della necessità di scegliere un fiore-simbolo: “Rammento che passammo in rassegna diverse possibilità: scartato il garofano, già legato al Primo maggio, esclusi gli anemoni perché troppo costosi, la mimosa sembrava convincente, perché, almeno nei dintorni di Roma, fioriva abbondante e poteva esser raccolta senza costi sulle piante che crescevano selvatiche. Fu così — è questo il fotogramma che rivedo — che disegnai un approssimativo rametto di mimosa con l'apposito punteruolo che incideva la cera, sul cliché, con il quale sarebbe stata ciclostilata la circolare per i comitati provinciali”. Lo ha raccontato la stessa Marisa Rodano in un’intervista a Vittoria Tola, già Responsabile nazionale dell’Udi, in un libro per ragazzi scritto da Serena Gibbini Ballista (‘Mimosa in fuga’, ed. Carthusia, 2021).
Non amava ostentare questa maternità: “Nel Lazio e nel Sud, dove la pianta cresce spontanea, spesso fiorisce assai prima dell'8 marzo. Quando ero dirigente dell’Udi di Roma, ne facevamo venire quintali e trascorrevamo intere giornate a dividerla e a farne mazzetti, era duro. Certo in quei giorni mi sarei ben guardata dal rivendicare con le mie compagne la maternità di quella scelta”.
La mimosa allora era anche il simbolo di lotta delle donne, mobilitate per i propri diritti, primo fra tutti il voto, e questo fiore gioioso veniva diffuso dalle donne, insieme ai volantini e al giornale ‘Noi Donne’, che a volte venivano fermate dalla polizia. “Mi ricordo che venivano sequestrati i mazzetti di mimosa, venivano fermate le donne. Ci organizzammo – ha affermato ancora Rodano - anche perché Giuseppe Di Vittorio, che allora era Segretario Generale della CGIL, facesse un giro per il comune di Roma ad offrire la mimosa alle donne”. 

Nata a Roma - per una curiosa coincidenza lo stesso giorno e lo stesso anno in cui Antonio Gramsci diede vita al Pci (partito in cui ha militato, insieme al marito, Franco Rodano) - Marisa Cinciari Rodano ha cominciato il suo attivismo come partigiana e antifascista (fu anche arrestata nel maggio 1943 e detenuta nel carcere delle Mantellate fino al 25 luglio), ha militato nel Movimento dei Cattolici Comunisti e nei Gruppi di difesa della donna (GDD). E’ stata fra le fondatrici dell’Udi (Unione donne Italiane, ora Unione donne in Italia) di cui è stata anche presidente. E, fra le tante cariche e partecipazioni, deputata (è stata la prima vicepresidente donna di Montecitorio), senatrice e europarlamentare. Ma è il suo sguardo al mondo femminile, all’emancipazione delle donne, il tratto distintivo della sua vita sociale. Le parole di una sua ultima intervista sono per le giovani generazioni, un mondo a cui guardava con tanta attenzione.
Oggi le giovani pensano che i loro diritti ci siano sempre stati, ignorano completamente che c’è stata un’epoca nella quale bisognava lottare per conquistarli. Il meccanismo di dimenticanza negli ultimi decenni è troppo forte. La memoria è corta e resa anche più corta dai media e dal modo in cui si pensa e si comunica”. Poi, “non è un fiore che determina le lotte ma sono le lotte che determinano il significato del fiore”. Quando le si chiedeva come vede il futuro? Risponde: “Lottando come sempre”.

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