SCELLERATE, ANTONELLA FINUCCI
(Radici, pp. 204, 17 euro)
Donne e natura. Sguardo femminile e territorio. Scintille e
chiome scapigliate. C'è questo e tanto altro in 'Scellerate', il
personale itinerario di Antonella Finucci fatto di boschi,
valli, mari e montagne e segnato dall'intimo rapporto tra ogni
elemento del paesaggio e le protagoniste che hanno contribuito,
o contribuiscono oggi, al racconto corale dell'Abruzzo.
Artiste e scrittrici, traduttrici del Premio Nobel per la
Letteratura, ma anche geologhe militari e guide
escursionistiche, sante e donne pastore. Le scellerate di questo
libro sono donne che hanno seguito la loro intima natura,
rifiutando le convenzioni sociali, evitando percorsi
prestabiliti e aspettative imposte.
Dal bosco della dea Angizia alle poesie di Amelia Rosselli,
passando per l'esilio di Natalia Ginzburg e per decine di altre
figure femminili che si sono trovate, per lunghi o brevi
periodi, a vivere l'Abruzzo, il libro offre una narrazione
capace di attraversare i confini porosi del genere e quelli
spesso invisibili del paesaggio.
Un titolo che dice già molto e che sembra ribaltare il
significato tradizionale del termine scellerate.
"L'intento - spiega l'autrice - è esattamente quello del
ribaltamento, con un pizzico di provocazione: lo 'scelus'
latino, infatti, richiama etimologicamente la malvagità, il
delitto, l'animo impuro che è capace di compiere nefandezze. Le
scellerate che sono qui raccontate, invece, non compirebbero mai
nessun abominio però considerano delittuoso uccidere se stesse,
vivere meno intensamente per non ferire qualcuno, annientare la
propria personalità, ridursi di statura". Un'opera che invita a
riscoprire il coraggio e l'autenticità delle donne che hanno
attraversato e arricchito l'Abruzzo.
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