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"Pensando a quel giorno, mi sono commossa" raccontava Nadia Pizzuti, prima donna al mondo, il 22 novembre del 1997 ad entrare in uno stadio di calcio in Iran. Quasi vent'anni dopo, nel settembre del 2019, Pizzuti commentò per l'ANSA la svolta da parte delle autorità islamiche che annunciavano che le donne, inizialmente solo per le partite internazionali, potevano entrare negli stadi di calcio. Le proteste internazionali seguite alla morte della tifosa Sahar Khodayari avevano avuto il loro peso. Allo Stadio Azadi, a Teheran, Pizzuti si presentò da cronista dell'ANSA a cui l'agenzia aveva chiesto un articolo, più di politica e colore che di cronaca calcistica, sullo spareggio Iran-Australia, valido per i Mondiali 1998.
"Da prassi - raccontò Pizzurri- richiesi l'accredito alla Federcalcio iraniana che mi rispose che non sarebbe stato possibile. Ma non mi persi d'animo e feci la stessa cosa con il ministero della Cultura, che mi diede la stessa risposta, aggiungendo però di presentarmi lo stesso ai cancelli con il fax inviato alle autorità. E così feci. Insieme al collaboratore e traduttore arrivai ai cancelli dello stadio". "Nemishieh". "Ho un permesso del ministero". "Via, via". "Mi faccia vedere il regolamento oppure chiami un suo superiore. Superati diversi sbarramenti, risposto a domande vagamente inquisitorie e frenetiche consultazioni via radio, mi dettero finalmente il via libera, nonostante la mia guida fosse terrorizzata. 'Andiamocene, qui finisce male', ripeteva". "Forse la minaccia, l'indomani, di denunciare il fatto in un articolo - scrisse allora Pizzuti - ha magicamente steso un tappeto rosso sotto i miei piedi, tanto da farmi diventare la prima donna a potere assistere ad una partita di calcio in Iran dai giorni della Rivoluzione".
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